GLOSSARIO dei TERMINI MEDICI – Parte 1° – (da ABC ad Avulsione)
Queste informazioni rappresentano soltanto un riassunto dei significati medici e assolutamente non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
e’ sempre opportuno consultare preventivamente il proprio medico di base o in alternativa il proprio farmacista di fiducia.
SCHEDA "VALUTAZIONE A. B. C.".
SCHEDA “VALUTAZIONE A. B. C.”.
In ogni intervento, dopo aver garantito le condizioni di sicurezza proprie e dell’infortunato, occorre procedere alla valutazione del paziente.
La valutazione è un passo fondamentale e di primaria importanza; è da questa operazione che si sviluppa l’intero intervento di soccorso.
La valutazione del paziente consiste nella raccolta delle informazioni necessarie per stabilire che tipo di assistenza debba essere prestata.
Durante la valutazione primaria si individuano i problemi che possono immediatamente minacciare la sopravvivenza del paziente per risolverli tempestivamente e tutti quei segni e sintomi che richiedono un’assistenza.
La valutazione è un processo dinamico, comporta l’attuazione di una serie di procedura che vanno eseguite seconde sequenza determinate.
L’obiettivo principale della valutazione del paziente consiste nello stabilire il grado di criticità dello stesso. Un’accurata raccolta dati permette il pronto inquadramento.
La costante osservazione del paziente e dei suoi parametri vitali consentono di evidenziare tempestivamente improvvise variazioni nelle sue condizioni.
Nel giro di pochi secondi si è in grado di acquisire informazioni preziose per comprendere qual’è il problema del paziente.
Mentre si raggiunge il luogo dell’evento bisogna valutare lo stato di sicurezza della scena per voi e per le persone coinvolte, un soccorritore non deve mai essere nella condizione di essere soccorso.
Una volta assicuratisi che le condizioni in cui operiamo sono di sicurezza si passa alla valutazione dello stato del paziente.
I parametri primari da valutare, secondo i protocolli, sono:
1. lo stato di coscienza;
2. la pervietà delle vie aeree (fase A – Airway – dell’A.B.C.)
3. il respiro (fase B – Breathing);
4. il circolo (fase C – Circulation).
Impressione generale:
si basa sulla vostra valutazione immediata dell’ambiente, del disturbo principale, e dell’aspetto del paziente. L’ambiente fornisce informazioni sulle condizioni attuali e pregresse del paziente, inoltre a volte permette di scoprire cosa è accaduto.
Il sintomo principale rappresenta il motivo per il quale venite chiamati; può trattarsi di un sintomo evidente (es. un dolore toracico) oppure di un sintomo vago (es.”non mi sento bene”) in base al quale vi formerete un’impressione generale.
Osservando, ascoltando e odorando, cercherete di stabilire l’età e il sesso: osserverete la posizione assunta dal paziente per stabilire se vi siano segni di dolore o difficoltà respiratoria.
Individuazione delle priorità:
qualsiasi condizione patologica che ponga in pericolo la vita del paziente deve essere trattata non appena diagnosticata.
Una volta risolto il problema dovrete decidere circa il grado di priorità relativo al trasporto immediato, oppure procedere ad ulteriore valutazione.
Nella maggior parte dei casi non vi è la necessità di trasporto immediato in ospedale, ma, in alcuni casi, tale necessità sussiste e voi dovete essere in grado di rendervene conto.
Se non è possibile tenere sotto controllo il problema che minaccia la vita del paziente, bisognerà considerare il caso fra quelli con priorità assoluta per il trasporto immediato in ospedale.
Valutazione cardiorespiratoria(ABC):
ciò avviene tramite lo schema ABC Airway-Breathing-Circulation ovvero vie respiratorie, respirazione e circolazione.
Se il paziente è vigile, parla chiaramente o piange, potete dedurre che le vie respiratorie sono pervie, se non sono pervie dovrete effettuare le apposite manovre per il ripristino e il mantenimento della pervietà delle stesse. Successivamente valuterete il respiro: se vi è assenza di respiro procederete con la rianimazione respiratoria. Infine si valuterà la circolazione sanguigna: rileverete il polso e se assente procederete alla RCP, rileverete inoltre lo stato della cute ed entità di eventuali sanguinamenti.
Valutazione dettagliata dello stato di coscienza(D):
LO STATO DI COSCIENZA
Lo stato di coscienza viene generalmente definito dal grado di consapevolezza che il soggetto ha di sé e dell’ambiente che lo circonda, le alterazioni sono sempre correlate ad eventi che suppongono l’alterazione traumatica o patologica interessanti le funzioni cerebrali, la valutazione si ottiene con l’esame del sensorio, effettuato tramite lo schema AVPU Alert-Verbal-Painful-Unresponsive.
Nella maggior parte dei casi troverete i pazienti vigili e in grado di stabilire con voi un rapporto parlando e rispondendo alle domande. In alcuni casi i pazienti potranno non essere vigili, ma saranno capaci di rispondere a stimoli verbali, come un discorso o un grido.
Se l’obnubilamento è grave, il paziente potrà conservare soltanto la reattività agli stimoli dolorifici, come un pizzicotto. La condizione maggiore di aggravamento del sensorio si ha quando il paziente non risponde neanche agli stimoli dolorifici.
RILEVAZIONE DEI SEGNI VITALI
Dopo aver effettuato la valutazione iniziale, inizierà una valutazione più approfondita. Questa consta nella rilevazione di:
1°- dei segni vitali, rappresentati da parametri misurabili quali polso, pressione, frequenza respiratoria, cute e pupille, e
2°- degli elementi anamnestici essenziali che comprendono i dati correlati al problema medico emergente e quelli riferiti al periodo precedente al manifestarsi della condizione che ha condotto alla richiesta di soccorso quali segni, sintomi, allergie, assunzione di farmaci, anamnesi patologica remota, ultima assunzione di cibi o bevande, eventi che hanno condotto al disturbo.
SEGNI VITALI: Sono le manifestazioni esterne di ciò che sta accadendo all’interno dell’organismo.
Essi sono: Polso Respirazione Cute Pupille Pressione arteriosa
POLSO
Nel prendere il polso di un paziente vi concentrerete su i suoi due aspetti caratteristici: la frequenza e il carattere. La frequenza consiste nel determinare il numero dei battiti al minuto: la frequenza potrà essere normale, rapida o lenta; nel caso di polso rapido si parla di tachicardia mentre nel caso di polso lento di bradicardia.
Per determinare il carattere del polso prenderemo in considerazione il ritmo e la forza.
Il polso ritmico è un polso regolare, il polso aritmico è irregolare.
La forza del polso si riferisce alla pressione esercitata dal flusso sanguigno contro la parete dell’arteria palpata, che normalmente viene percepito come un onda forte al di sotto dei polpastrelli ed è detto polso pieno, al contrario cioè quando la pulsazione è fievole si parla di polso debole.
si riportano: i dati medi relativi alla frequenza cardiaca, il carattere del polso.
FREQUENZE NORMALI DEL POLSO
battiti al minuto, a riposo
Adulti Da 60 a 100
Adolescenti (11-14 anni) Da 60 a 105
Bambini in età scolare (6-10 anni) Da 70 a 110
Bambini in età prescolare (3-5 anni) Da 80 a 120
Bambini in età compresa fra 1 e 3 anni Da 80 a 130
Lattanti in età compresa fra 6 e 12 mesi Da 80 a 140
Lattanti in età compresa fra 0 e 5 mesi Da 90 a 140
Neonati Da 120 a 160
ARITMI, ANOMALIE, SIGNIFICATO E POSSIBILI CAUSE
Rapido, regolare e pieno | Esercizio fisico spavento, febbre, ipertensione arteriosa, primo stadio delle reazioni da emorragia |
Rapido,regolare e fievole | Shock, stadi avanzati delle reazioni emorragiche |
Lento | Lesioni della testa, alcuni avvelenamenti, alcune cardiopatie, carenza di O2 nel bimbo |
Assente | Arresto cardiaco (morte clinica) |
Neonati e bambini: un polso di frequenza elevata nei pazienti pediatrici non desta tanta preoccupazione come un polso lento, che può essere indicativo di un imminente arresto cardiaco
RESPIRAZIONE
Al fine della determinazione degli atti respiratori ci interessiamo di due aspetti: la frequenza e il carattere.
La frequenza è il numero delle respirazioni che un paziente compie in un minuto, ed è classificata in normale,rapida e lenta.
Per il carattere della respirazione si fa riferimento a 4 categorie in cui è classificabile:normale, superficiale, faticoso e rumoroso.
Nella tabella che segue vengono riportati:
1-le frequenze respiratorie normali
2-i rumori respiratori anomali e loro possibili cause.
FREQUENZE NORMALI DEL RESPIRO:
atti al minuto, a riposo
Adulti Da 12 a 20
Frequenze >24 0 <10 sono segni di gravità
Adolescenti (11-14 anni) Da 12 a 20
Bambini in età scolare (6-10 anni) Da 15 a 30
Bambini in età prescolare (3-5 anni) Da 20 a 30
Bambini in età compresa fra 1 e 3 anni Da 20 a 30
Lattanti in età compresa fra 6 e 12 mesi Da 20 a 30
Lattanti in età compresa fra 0 e 5 mesi Da 25 a 40
Neonati Da 30 a 50
RUMORI RESPIRATORI
Rumore respiratorio | Cause | Interventi |
Rantolo | Blocco delle vie respiratorie | Ripristino della pervietà e trasporto tempestivo |
Sibilo | Problemi medici quali l’asma | Aiutare il paziente ad assumere terapia prescritta e trasporto tempestivo |
Gorgoglio | Presenza di liquido nelle vie respiratorie | Aspirazione e trasporto immediato |
Suono gracidante | Problemi medici non trattabili da | Trasporto tempestivo |
CUTE
Il colorito, la temperatura e lo stato della cute possono offrire informazioni utili sulle condizioni circolatorie del nostro paziente.
Nell’adulto le sedi più adatte per effettuare la valutazione del colorito della cute sono il letto ungueale, l’interno delle guance e la mucosa del sacco congiuntivale inferiore; nei pazienti pediatrici le sedi migliori per questo tipo di esame sono le palme delle mani e le piante dei piedi: di norma il colorito è roseo, è anomalo se è pallido, cianotico, eritematoso o itterico.
Per valutare la temperatura cutanea bisogna porre il dorso della mano a contato con la cute del paziente: di norma la cute è calda, attenzione qualora risultasse molto calda, fresca o fredda.
Si riportano: i possibili colori, temperature, lo stato della cute e le possibili cause ed il loro significato.
COLORITO CUTANEO
Roseo: Normale nei pazienti di pelle chiara. Nei pazienti di colore è normale a livello della mucosa del sacco congiuntivale, delle labbra e del letto ungueale.
Pallido: Costrizione dei vasi sanguigni, che può derivare da emorragie, shock, ipotensione, distress emotivo
Cianotico: Inadeguata funzione respiratoria o cardiaca
Eritematoso: Esposizione al calore, ipertensione, eccitamento emotivo
Itterico: Anomalie epatiche
Marezzato: Si osserva talune volte nei pazienti sotto shock
TEMPERATURA E STATO DELLA CUTE
Fresca e umida: Segno di shock o di ansia
Fresca e bagnata: Il corpo sta disperdendo calore
Fresca e asciutta: Esposizione al freddo
Calda e asciutta: Febbre elevata, esposizione al calore
Calda e umida: Febbre elevata, esposizione al calore
“Pelle d’oca” accompagnata da brividi, battito di denti, cianosi labiale e pallore cutaneo
Reazione al freddo, malattie contagiose, esposizione al freddo, dolore o a paura
PUPILLE
Uno dei fattori che provocano i cambiamenti del diametro della pupilla è rappresentato dalla quantità di luce che entra nell’occhio.
Quando la luce ambientale è scarsa la pupilla andrà in contro a midriasi, ovvero aumento del diametro, mentre quando la luce ambientale è forte la pupilla andrà in contro a miosi, ovvero diminuzione del diametro. Nell’effettuare l’esame delle pupille, dovrete verificare tre elementi: il diametro, la isocoria (ovvero l’uguaglianza del diametro pupillare mentre l’opposto è indicato col termine anisocoria) e la reattività, ovvero i cambiamenti del diametro in risposta agli stimoli luminosi.
Attenzione a midriasi, miosi, anisocoria e assenza di reattività delle pupille.
Nella tabella possibili aspetti delle pupille e loro significato.
VALUTAZIONE DELLE PUPILLE
Midriasi: Dilatazione (aumento del diametro oltre la norma ) Spaventi, emorragie, farmaci o stupefacenti, trattamento con gocce oculari
Miosi:Costrizione (diminuzione del diametro rispetto alla norma) Stupefacenti, trattamento con gocce oculari
Anisocoria: Pupille disuguali, Ictus, traumi cranici, lesioni oculari, protesi oculare
Assenza di reattività: Farmaci o stupefacenti, carenza di O2 nell’encefalo.
PRESSIONE ARTERIOSA
Ogni volta che il ventricolo sinistro del cuore si contrae sospinge il sangue nei vasi per farlo circolare.
La forza che il sangue esercita contro le pareti dei vasi viene detta pressione sanguigna.
La pressione che si crea quando il cuore si contrae e sospinge il sangue nelle arterie viene denominata pressione sistolica.
La pressione residua nell’albero arterioso, quando il ventricolo sinistro si rilascia e si riempie, prende il nome di pressione distolica.
Questi due valori estremi si riferiscono all’entità della pressione che viene esercitata contro le pareti delle arterie la pressione arteriosa viene espressa indicando entrambi i valori.
In tabella valori medi della PA e possibili cause di iper e ipotensione.
AMBITI NORMALI DI VARIAZIONE DEI VALORI DELLA PRESSIONE
Adulti: diastolica da 60 a 90 sistolica da 100 a 150
Pazienti pediatrici Circa 80/100 la sistolica e Circa i 2/3 della sistolica la diastolica
PRESSIONE ARTERIOSA
Ipertensione: Patologie di interesse medico, esercizio fisico, spavento distress emotivo, eccitazione
Ipotensione: Atleti o soggetti con pressione normalmente bassa, emorragie, segno tardivo di shock.
Neonati e bambini: La pressione arteriosa di solito non viene misurata nei bambini di età inferiore a 3 anni. In casi di emorragie o di shock, la pressione arteriosa di un bambino resterà entro i limiti normali quasi fino all’ultimo, per poi scendere rapidamente.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "VALUTAZIONE A. B. C.".
SCHEDA ” ABDUZIONE “
Movimento che tende ad allontanare un segmento scheletrico o una qualsiasi struttura rispetto a un piano mediano di riferimento e che si attua di norma su un piano a questo ortogonale.
I nervi e i muscoli che determinano tale movimento sono detti abducenti e abduttori.
Nel caso dell’arto l’abduzione avviene su un piano frontale ed ha come riferimento il piano sagittale mediano del corpo.
Nel caso dell’autopodio indica un movimento che tende ad allontanare un dito da una posizione prossima al piano sagittale del dito meno mobile (il terzo nella mano, il secondo nel piede).
Nel caso dell’occhio il movimento di abduzione tende ad allontanare con una rotazione l’asse ottico dal piano sagittale mediano
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA " AB INGESTIS "".
SCHEDA ” AB INGESTIS “
Polmoniti ab ingestis e da aspirazione nell’anziano
Con il nome di polmonite ab ingestis si indica un’affezione polmonare dovuta all’inalazione di secrezioni infette provenienti dalle cavità nasali e dall’orofaringe.Gli autori anglosassoni classificano questa forma morbosa con il termine aspiration pneumonia, ben differenziata da altri tipi di polmoniti da aspirazione che conseguono all’inalazione di materiale liquido di varia natura, come acqua dolce o salata, oli minerali, succhi gastrici, etc.; o di materiali solidi, polmoniti che vengono raggruppate sotto il termine di inhalation pneumonia.
La diversa denominazione ed il differente inquadramento nosografico non hanno un valore solamente speculativo ma trovano una ragione ben precisa, non ovviamente nel meccanismo patogenetico che è lo stesso, ma nelle differenze del quadro anatomopatologico e clinico.
Mentre infatti la polmonite ab ingestis è il risultato di un’infezione polmonare dovuta alla penetrazione di germi nelle vie respiratorie a seguito di aspirazione di materiale già infetto, le altre forme di polmoniti da aspirazione sono inizialmente sterili trattandosi di polmoniti chimiche e/o irritative, anche se successivamente possono essere complicate dalla sovrapposizione di un’infezione batterica, evento che si verifica piuttosto frequentemente.
Ciò naturalmente nulla toglie alla possibilità che queste forme concretizzino quadri morbosi di estrema gravità, come nella cosiddetta sindrome di Mondelson dovuta ad aspirazione di succhi gastrici, che verrà illustrata più avanti.
Aspiration Pneumonia o Polmonite ab ingestis propriamente detta
Controlli effettuati su larga scala in soggetti sani per valutazioni inerenti ai meccanismi che regolano il sonno hanno evidenziato che ben il 50% di tutti gli adulti aspira piccole quantità di secrezioni rino ed orofaringee senza che per questo ne consegua obbligatoriamente lo sviluppo di una polmonite batterica.
La scarsità del materiale aspirato, la modesta colonizzazione di batteri virulenti, l’efficacia del riflesso della tosse e del trasporto ciliare e la validità dei meccanismi immunitari sia umorali sia cellulari garantiscono in questi casi che il materiale infetto venga prontamente eliminato senza sequele.
Per contro, difese immunitarie compromesse che già di per sé permettono lo sviluppo di cariche significative di batteri virulenti, inefficacia dei sistemi meccanici di allontanamento ed espulsione del materiale aspirato ed abbondante quantità di quest’ultimo possono concorrere all’insorgenza di polmonite ab ingestis.
Quanto detto spiega perché, rispetto a tutta la popolazione di pazienti a rischio di contrarre una polmonite ab ingestis, la probabilità è particolarmente elevata nei pazienti anziani, specie se di età molto avanzata.
Per quanto attiene al volume dell’aspirato, è stato calcolato che sono necessari almeno 25 ml di secrezioni rino ed orofaringee per determinare infezioni da anaerobi misti nel polmone in una percentuale di casi compresa tra il 60 e il 90%.
Studi epidemiologici hanno dimostrato che circa il 15% delle affezioni polmonari acute dell’anziano sono polmoniti ab ingestis, forma morbosa che rappresenta la causa più comune di morte negli anziani con turbe delle deglutizione dovute a malattie neurologiche.
Inoltre l’incidenza di questa patologia è particolarmente frequente negli anziani ospiti di case di riposo, circa il 18% a fronte del 5% che rappresenta la percentuale di incidenza negli anziani che vivono in famiglia o comunque nella propria abitazione.
Un dato interessante infine è che un’accurata igiene orale riduce sensibilmente la probabilità di contrarre una polmonite ab ingestis rispetto alla popolazione anziana a rischio: il rilievo è stato effettuato tra soggetti edentuli nei quali è molto più facile provvedere ad una valida pulizia del cavo orale e delle protesi.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico né per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
È opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore nella consultazione individuale.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA " ABRASIONE - ESCORIAZIONE "
SCHEDA ” ABRASIONE – ESCORIAZIONE “
Polmoniti ab ingestis e da aspirazione nell’anziano
Con il nome di polmonite ab ingestis si indica un’affezione polmonare dovuta all’inalazione di secrezioni infette provenienti dalle cavità nasali e dall’orofaringe.
Gli autori anglosassoni classificano questa forma morbosa con il termine aspiration pneumonia, ben differenziata da altri tipi di polmoniti da aspirazione che conseguono all’inalazione di materiale liquido di varia natura, come acqua dolce o salata, oli minerali, succhi gastrici, etc.; o di materiali solidi, polmoniti che vengono raggruppate sotto il termine di inhalation pneumonia.
La diversa denominazione ed il differente inquadramento nosografico non hanno un valore solamente speculativo ma trovano una ragione ben precisa, non ovviamente nel meccanismo patogenetico che è lo stesso, ma nelle differenze del quadro anatomopatologico e clinico.
Mentre infatti la polmonite ab ingestis è il risultato di un’infezione polmonare dovuta alla penetrazione di germi nelle vie respiratorie a seguito di aspirazione di materiale già infetto, le altre forme di polmoniti da aspirazione sono inizialmente sterili trattandosi di polmoniti chimiche e/o irritative, anche se successivamente possono essere complicate dalla sovrapposizione di un’infezione batterica, evento che si verifica piuttosto frequentemente.
Ciò naturalmente nulla toglie alla possibilità che queste forme concretizzino quadri morbosi di estrema gravità, come nella cosiddetta sindrome di Mondelson dovuta ad aspirazione di succhi gastrici, che verrà illustrata più avanti.
Aspiration Pneumonia o Polmonite ab ingestis propriamente detta
Controlli effettuati su larga scala in soggetti sani per valutazioni inerenti ai meccanismi che regolano il sonno hanno evidenziato che ben il 50% di tutti gli adulti aspira piccole quantità di secrezioni rino ed orofaringee senza che per questo ne consegua obbligatoriamente lo sviluppo di una polmonite batterica.
La scarsità del materiale aspirato, la modesta colonizzazione di batteri virulenti, l’efficacia del riflesso della tosse e del trasporto ciliare e la validità dei meccanismi immunitari sia umorali sia cellulari garantiscono in questi casi che il materiale infetto venga prontamente eliminato senza sequele.
Per contro, difese immunitarie compromesse che già di per sé permettono lo sviluppo di cariche significative di batteri virulenti, inefficacia dei sistemi meccanici di allontanamento ed espulsione del materiale aspirato ed abbondante quantità di quest’ultimo possono concorrere all’insorgenza di polmonite ab ingestis.
Quanto detto spiega perché, rispetto a tutta la popolazione di pazienti a rischio di contrarre una polmonite ab ingestis, la probabilità è particolarmente elevata nei pazienti anziani, specie se di età molto avanzata.
Per quanto attiene al volume dell’aspirato, è stato calcolato che sono necessari almeno 25 ml di secrezioni rino ed orofaringee per determinare infezioni da anaerobi misti nel polmone in una percentuale di casi compresa tra il 60 e il 90%.
Studi epidemiologici hanno dimostrato che circa il 15% delle affezioni polmonari acute dell’anziano sono polmoniti ab ingestis, forma morbosa che rappresenta la causa più comune di morte negli anziani con turbe delle deglutizione dovute a malattie neurologiche.
Inoltre l’incidenza di questa patologia è particolarmente frequente negli anziani ospiti di case di riposo, circa il 18% a fronte del 5% che rappresenta la percentuale di incidenza negli anziani che vivono in famiglia o comunque nella propria abitazione.
Un dato interessante infine è che un’accurata igiene orale riduce sensibilmente la probabilità di contrarre una polmonite ab ingestis rispetto alla popolazione anziana a rischio: il rilievo è stato effettuato tra soggetti edentuli nei quali è molto più facile provvedere ad una valida pulizia del cavo orale e delle protesi.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico né per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
È opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore nella consultazione individuale.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "A.C.R." - ARRESTO CARDIO CIRCOLATORIONE "
SCHEDA “A.C.R.” – ARRESTO CARDIO CIRCOLATORIO
L’arresto cardio-circolatorio e’ la sospensione di ogni attivita’ meccanica cardiaca: il cuore cessa di battere.
Le cause locali o generali sono molteplici: tutte le malattie gravi che comportino una compromissione importante dell’apparato cardiocircolatorio possono essere il motivo dell’arresto.
Tuttavia, il loro meccanismo d’azione sull’attivita’ contrattile del cuore e’ piu o meno sempre lo stesso e puo’ essere ricondotto a due principali modalita’: blocco della contrazione cardiaca, o asistolia; fibrillazione ventricolare (vedi aritmia).
Quest’ultima insorge di solito in cuori gia’ profondamente lesi, come nel caso dell’infarto miocardico.
Vi e’ inoltre da dire che l’arresto cardiaco puo’ essere un evento atteso nell’evoluzione di una certa malattia, e pertanto non si giova di terapie di emergenza.
La situazione che richiede invece un trattamento di urgenza, a causa della sua imprevedibilita’, e’ il cosiddetto arresto improvviso, che si manifesta per lo piu’ in soggetti apparentemente sani, e dipende quasi sempre da una malattia cardiaca (es. infarto).
All’arresto cardiocircolatorio fa seguito il blocco di ogni attivita’ polmonare (arresto respiratorio).
Una volta accertato l’arresto cardiaco, non e’ il caso di soffermarsi alla ricerca di qualche segno di attivita’ del cuore, perche’ si potrebbero perdere minuti preziosi utili per la riattivazione.
L’intervento di pronto soccorso puo’ essere eseguito da parte di qualsiasi persona a conoscenza delle piu’ elementari norme di rianimazione, e sara’ seguito dalla riattivazione vera e propria da parte di un medico e personale specializzato.
Il primo intervento consiste in una serie di manovre che chiunque dovrebbe conoscere:
1) una prima manovra, nel tentativo di far riprendere l’attivita’ cardiaca, consiste nel battere alcuni pugni energici sul petto, in corrispondenza del cuore (definito:precordiale);
2) il paziente va posto su un piano rigido: pertanto se e’ a terra, non va spostato; se e’ a letto, occorre porgli sotto il dorso un’asse di legno o un supporto simile;
3) occorre sollevare le gambe almeno a 45 gradi dal piano orizzontale, facendole sostenere o appoggiandole, ad esempio, su una sedia; questo e’ necessario per aumentare il ritorno venoso al cuore;
4) occorre ricordare che la comparsa di midriasi (dilatazione della pupilla) indica che e’ trascorso la meta’ del tempo che si ha a disposizione per evitare che il paziente subisca gravi lesioni al cervello per la mancata circolazione sanguigna.
Il trattamento di emergenza ha appunto lo scopo di far giungere il minimo necessario di sangue ossigenato al cervello.
Questo scopo essenziale per la sopravvivenza si ottiene con la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco esterno.
La respirazione artificiale va iniziata per prima: si esegue con la tecnica bocca a bocca.
Ecco come.
– Per evitare che la lingua, cadendo all’indietro, chiuda la faringe, occorre piegare verso l’indietro il capo del paziente tenendogli una mano sotto la nuca; l’altra mano chiude le narici e mantiene aperta la bocca;
– dopo una profonda inspirazione, si espira con forza dentro la bocca del paziente.
– La manovra deve essere ripetuta con una frequenza di 10-15 atti respiratori al minuto.
Il massaggio cardiaco si esegue ponendo il palmo della mano, uno sopra l’altro, sulla parte inferiore dello sterno ossia del petto del paziente.
Si preme quindi con un movimento secco e rapido seguito da una pausa di circa un secondo, in modo da mantenere la frequenza di circa 100 colpi al minuto.
Se una sola persona esegue sia il massaggio cardiaco sia la respirazione artificiale, occorre alternare le due manovre: si consigliano uno-due respiri ogni 30 massaggi.
Due persone possono invece eseguire le due manovre contemporaneamente, con l’avvertenza di arrestare un attimo il massaggio al momento in cui viene effettuata l’immissione di aria nei polmoni del paziente.
Come manifestazione clinica a se stante, l’arresto respiratorio e’ un evento raro.
In talune malattie viene definito insufficienza respiratoria acuta.
Anche questa e’ una condizione che necessita di una assistenza d’emergenza, in quanto l’insufficienza respiratoria e’, di per se, causa di coma, di lesioni neurologiche, di stato confusionale.
L’indicazione alla tracheotomia (incisione della trachea per consentire la respirazione) e’ piu’ frequente nelle malattie ostruttive e nella traumatologia d’urgenza (lesioni del midollo spinale, ferite, ecc.).
L’utilizzo dei respiratori automatici e’ oggi un valido mezzo attraverso il quale e’ possibile salvare molte vite umane.
Ancora piu’ importante e’ pero’ la respirazione bocca a bocca, che non richiede alcuno strumento.
Questo pero’ implica una serie di situazioni in cui, di fronte a uno sconosciuto, il soccorritore occasionale puo’ esimersi dal farlo, procedendo esclusivamente alla iper estensione del capo e al massaggio cardiaco, sufficiente di per se’, a un minimo di immissione di ossigeno negli atti compressori e di rilassamento.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "A. C. L. S."
SCHEDA “A. C. L. S.”
Nella realta’ italiana l’ACLS extraospedaliero viene fornito in prevalenza da personale medico e/o paramedico presente sulle ambulanze e sugli elicotteri: OBIETTIVI dell’ACLS – Ottenere un ritorno di circolo spontaneo (ROSC)
– Mantenere un ritmo cardiaco valido (prevenzione del riarresto)
– Garantire il supporto dei parametri vitali: ABC
– Preservare l’integrita’ dell’encefalo (danno ipossico cerebrale.)
Ritmi di arresto cardiaco:
In ACLS, avendo a disposizione un monitor defibrillatore è possibile fare diagnosi di ritmo di arresto cardiaco.
Esistono 3 ritmi di arresto cardiaco in cui il cuore è funzionalmente fermo e (ovviamente!!) non vi è polso carotideo:
· Fibrillazione Ventricolare (FV)
· Asistolia
· PEA (Attività Elettrica Senza Polso)
Questi ritmi di esordio hanno una frequenza molto diversa tra loro:
· FV e TVSP al 90%
· ASISTOLIA all’ 8%
· PEA al 2%
… ed hanno una prognosi altrettanto diversa!!
La Fibrillazione Ventricolareè il ritmo di esordio più benigno in quanto si giova della DEFIBRILLAZIONE come terapia spesso risolutiva.
Per questo motivo, essendo la FV e la TVSP gli unici ritmi defibrillabili, ovvero che si giovano della defibrillazione, ed essendo anche quelli di gran lunga più frequenti, capiamo come il punto cardine dell’ACLS ma anche del BLS sia proprio la DEFIBRILLAZIONE PRECOCE.
La precocità della manovra è importante perché la FV essendo una attività caotica emodinamicamente inefficace (polso assente in quanto il cuore è fermo) consuma O2 e quindi, dopo pochi minuti si trasforma (o per meglio dire degenera) in Asistolia con prognosi decisamente peggiore.
Dal momento che la FV è tempo-dipendente, la % di FV sul territorio è indice indiretto dell’efficienza del Sistema di Emergenza in quanto un intervento tardivo porterà ad un incremento della Asistolia e ad una diminuzione della FV rilevate.
La Defibrillazione Precoce
E’ la più potente terapia a disposizione per l’ACR; si applica solo ai ritmi defibrillabili (FV e TVSP) che rimangono tali solo per pochi minuti e’ TEMPO DIPENDENTE
L’ACLS comprende anche altri elementi terapeutici che mirano a ottenere un ritorno di circolo spontaneo ROSC ma anche a mantenere e preservare tutti i parametri vitali (ABC) trattandoli in modo non piu’ “BASIC” ma “ADVANCED” (quarto anello della Catena della Sopravvivenza).
Le manovre comprese nell’ACLS devono essere conosciute dal soccorritore in quanto egli e’ parte integrante dell’ACLS Team e come tale deve coadiuvare il Team Leader (Medico o Paramedico) nell’esecuzione delle manovre stesse.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ACIDOSI"
SCHEDA ” ACIDOSI “
E’ una condizione patologica in cui siano prodotte o introdotte in misura superiore alla norma sostanze acide.
I cibi raffinati, la poca verdura e frutta nell’ alimentazione sono la causa primaria. Elenco cibi acidificanti e alcalinizzanti.
Cio’ altera i processi metabolici che richiedono un perfetto equilibrio tra produzione ed escrezione di sostanze acide ed alcaline (equilibrio acido-base).
L’ Alimentazione moderna e’ composta da alimenti acidificanti.
L’alimentazione moderna e’ pressoche’ acida, come vedremo dalla tabella allegata a fine articolo, gli alimenti alcalinizzanti o neutri sono frutta, verdure e latte.
Poiche’ per varie ragioni si esclude il latte, ci troviamo di fronte ad un’ alimentazione quotidiana che porta dei residui acidi che con l’andar del tempo portano una persona in acidosi.
Che danni comporta l’ acidosi al nostro corpo?
L’acidosi e’ uno stato pericoloso del nostro organismo: crea stanchezza, stati infiammatori nei tessuti, irritabilita’ del sistema nervoso, aumento delle tossine e quindi dei radicali liberi.
Ma non e’ tanto un discorso di patologie quanto di prevenzione di eventuali altre patologie che si possono creare in un ambiente troppo acido: artrosi, osteoporosi, cancro ecc.
Normalmente e’ sottovalutata, nonostante la gravita’ dei disturbi che puo’ procurare. Il livello di acidita’ del nostro organismo va percio’ tenuto sotto controllo.
Come controllare il nostro stato di acidosi ?
Il metodo migliore e’ il controllo dell’acidita’ delle urine, che puo’ essere eseguito facilmente da chiunque.
Basta procurarsi in un misuratore del pH (cartina di tornasole): venduta sotto forma di stiks (striscioline) o di rotolini di carta speciale (piu’ economici).
Si misurano le seconde urine del mattino (le prime sono sicuramente acide) e almeno altre due volte al giorno.
Si fa la media delle rilevazioni.
Bisogna ripetere questa misurazione per 7 giorni perche’ l’acidosi e’ molto variabile, dipende anche da come mangiamo la sera prima.
Basta staccare un pezzo di strisciolina dal rotolo e bagnarne la punta mentre si orina.
La parte bagnata cambia colore: sulla scala colorata riportata sulla confezione si puo’ rilevare il numero relativo e segnarlo sulla scheda che preparerete.
A livello Naturopatico consideriamo il valore del ph delle urine:
– molto elevato (acidosi forte) da 5.5 in giu’
– nella media (acidosi media) da 5.5 a 6
– buono da 6 in su’ ma non oltre 7
– perfetto 6.5
Se la persona e’ in acidosi come si procede?
Prevalentemente si segue un’alimentazione alcalinizzante ovvero aumento di frutta e verdura, se cio’ non dovesse essere sufficiente come nel caso dell’acidosi forte, si associa all’ alimentazione alcalina anche la supplementazione.
Si tratta di polveri basiche ( citrati alcalini )da diluire, che hanno la funzione di alzare il ph.
Una persona che e’ in acidosi da molto tempo necessita di cure di piu’ mesi per regolarsi.
Esempio di alimentazione acidificante :
Un’ alimentazione aa casa con cornetto e cappuccino a colazione, un tramezzino o anche pasta a pranzo e proteine di sera e’ certamente un’ alimentazione acidificante.
Anche i bambini sono ormai in acidosi con le varie merendine che sostituiscono del tutto frutta e yogurt.
Diciamo pure che bisognerebbe cambiare la dieta a vita e orientarsi verso un’alimentazione vegetariana o almeno parzialmente vegetariana, abituandosi a prendere 2 centrifugati al giorno (di carote per esempio) e almeno 4-5 porzioni di frutta.
Tabella con elenco sostanze acidificanti
Ecco una tabella di sostanze acidificanti, neutre o di acidificanti che vi puo’ aiutare a correggere l’alimentazione.
Non occorre (anzi non si deve) eliminare tutte le sostanze acidificanti, ma solo equilibrarle con le altre, evitando le piu’ dannose:
ALIMENTI ACIDIFICANTI: Carne, Pesce, Uova, Formaggi, Cereali, Grassi animali, Bietole e spinaci, Fragole, mirtilli e prugne, Caffe’, te’, cioccolata, cacao, Aceto, Alcolici, Condimenti, Spezie, Prodotti da forno di pasticceria, Zucchero raffinato, dolcificanti artificiali, Pizza, Oli idrogenati, Burro, Confetture con zucchero bianco, Fritti.
ALIMENTI ALCALINIZZANTI: Frutta e verdura,Frutta secca: mandorle, nocciole, e uva,Sesamo, Legumi Patate, Latte, Yoghurt magro, Melassa, Salsa di soia, Senape (foglie e germogli),
ALIMENTI NEUTRI: Amido, Lardo, Miele grezzo, Zucchero integrale, Formaggio di capra, Grano saraceno, Uova (il tuorlo), Riso (d’acqua e integrale), Tacchino, Olio di oliva biologico spremuto a freddo, Oli di semi biologici spremuti a freddo.
Ricordatevi che, occorre bere molto (soprattutto lontano dai pasti): un litro e mezzo di acqua al giorno (due litri d’estate).
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ADDOME ACUTO"
SCHEDA “ADDOME ACUTO”
Definizione di addome acuto.
La definizione di “Addome acuto” indica una situazione clinica caratterizzata da una grave condizione patologica a livello addominale, causata da fattori diversi.
L´addome acuto si può manifestare come complicazione di perforazioni addominali, emorragie endo-cavitarie o nelle pancreatiti acute, o come episodio occasionale in patologie come colicisti acute, coliche renali, appendiciti acute.
In realtà, pur manifestandosi a livello addominale, questa condizione clinica può essere legata a malattie che interessano organi diversi: per questo motivo si distinguono cause endo-addominali (quando sono coinvolti l´intestino, il fegato, il pancreas), extra-addominali (quando sono interessati l´apparato renale, l´aorta toracica, il cuore e il polmone) o sistemiche (quando non viene coinvolto un singolo organo ma un intero apparato).
Circa il 10% dei casi che si presentano in Pronto Soccorso riguarda proprio l´addome acuto: a volte la patologia può risolversi in modo autonomo o a seguito di trattamento farmacologico, ma nella maggior parte dei casi richiede un intervento chirurgico.
L´addome acuto, a livello sintomatologico, si presenta soprattutto come dolore, a cui possono associarsi conati di vomito, disturbi intestinali, febbre, tachicardia, ipotensione (fino allo shock) e irrequietezza motoria.
Il dolore può essere considerato la risposta dell´organismo a criticità di natura chimica (dovute ad infiammazioni o al contatto tra peritoneo e sostanze come acido cloridrico, bile, sangue, succo pancreatico liberate a seguito di perforazioni o emorragie) o meccanica (per dilatazione o spasmo degli organi cavi, per compressione e infiltrazione delle terminazioni nervose sensitive, per distensione della capsula degli organi parenchimatosi).
Può essere diviso in dolore viscerale puro, parietale e riflesso: in base ai tempi della sua insorgenza, alla sede in cui si manifesta, alla sua intensità ed evoluzione, si possono dedurre le patologie che lo hanno scatenato.
Il dolore, infatti, può comparire all´improvviso e in modo violento (come nel caso di una perforazione intestinale o di infarto intestinale) o configurarsi in modo più graduale e meno intenso (come in caso di infiammazione appendicolare): a seconda poi del quadrante anatomico in cui si manifesta (epigastrio, mesogastrio o ipogastrio), può rivelare una patologia connessa all´organo sottostante (nel caso di appendicite acuta, ad esempio, il dolore sarà prima a sede periombelicale per poi spostarsi nella fossa iliaca destra, dove si trova l´appendice).
Il dolore può essere, poi, continuo (nelle patologie infiammatorie), intermittente (sotto forma di colica quando interessa visceri cavi come l´intestino, l´uretere, le vie biliari), crampiforme (nelle occlusioni intestinali), a cintura o a sbarra (nelle pancreatiti) o trafittivo (“a colpo di pugnale”, in caso di perforazione).
Nell´esame clinico, il dolore può essere “evocato” (cioè indotto) da alcune operazioni specifiche, come la manovra di Murphy (con la palpazione dell´ipocondrio destro, che può rilevare la presenza di patologie della colicisti e delle vie biliari), manovra di Giordano (con il paziente seduto su un fianco, può individuare problemi renali o dell´uretere), manovra di Blumberg (in caso di riscontro positivo all´esame, si è in presenza di peritonite), manovra di Rovsing (può segnalare, nella fossa iliaca destra, un´appendicite acuta), manovra dello psoas (che rivela appendice infiammata), pressione su punti specifici (punto di McBurney nell´appendicite acuta, scavo di Douglas nella peritonite).
La diagnosi dell´addome acuto si pratica sostanzialmente con l´osservazione diretta del paziente da parte del medico e col confronto degli esami strumentali, indirizzando quindi successivamente il paziente verso trattamenti medico-famacologici o chirurgici d´urgenza a seconda della natura e dello stadio di sviluppo della patologia.
All´esame fisico, il paziente verrà osservato nel suo aspetto fisico, nel colorito, nel grado di sofferenza, nel decubito, verrà studiata manualmente l´intera regione addominale (anche con esplorazione rettale e visita ginecologica in caso di sospetta peritonite) e verranno rilevati la frequenza e i caratteri del polso arterioso e della respirazione, della pressione arteriosa, della temperatura corporea.
Sempre in ambito diagnostico, a volte possono risultare decisive per chiarire il quadro clinico l´esecuzione di alcuni esami come la radiografia (del torace, dell´addome con e senza mezzo di contrasto, TAC), l´ecografia e la glicemia, oltre a emocromo, ematocrito, azotemia, dosaggio degli elettroliti, emogas, gruppo sanguigno ed Rh, test di gravidanza.
Sarà poi l´analisi differenziale a decidere, in caso di addome acuto, se e come ricorrere all´intervento chirurgico, che il più delle volte assume il carattere dell´urgenza e non dell´emergenza, dando la possibilità procedere con ulteriori indagini e preparare il paziente.
Tutti i casi di addome acuto devono essere trattati in modo da compensare gli squilibri idroelettrolitici (che possono verificarsi a seguito di patologie come occlusione intestinale, vomito e diarrea), sostenere l´attività cardiaca e la volemia, e provvedere con antibiotici ad eventuali ulteriori infezioni.
Sull´uso di antidolorifici, va tenuto presente il fatto che questi potrebbero nascondere i segni di degenerazione della malattia in corso, come in caso di peritonite.
Nel caso si decidesse di intervenire chirurgicamente, il più delle volte si ricorrerà alla laparoscopia per le sue caratteristiche di mininvasività e per il vantaggio di evitare complicazioni legate alla laparotomie tradizionali (laparocele), potendo comunque passare all´intervento chirurgico tradizionale qualora essa dovesse risultare insufficiente.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ADDUZIONE"
SCHEDA “ADDUZIONE”
Definizione di adduzione.
Spostamento di un arto o di una sua parte in senso mediale, con avvicinamento alla linea verticale mediana del corpo.
Per le dita della mano si fa invece riferimento a una linea ideale passante per il dito medio, nel piede a una linea passante per il secondo dito.
L’adduzione e’ realizzata a opera di determinati muscoli che prendono il nome di adduttori.
Un particolare movimento di adduzione si ha nel bulbo oculare a opera del muscolo retto mediale: esso avviene sull’asse verticale ed e’ meglio definito convergenza.
Il movimento opposto alla adduzione viene definito abduzione.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "A D R E N A L I N A"
SCHEDA “A D R E N A L I N A”
L’adrenalina, o epinefrina, e’ un ormone sintetizzato nella porzione interna (midollare) del surrene.
Una volta secreta e rilasciata in circolo, l’adrenalina accelera la frequenza cardiaca, restringe il calibro dei vasi sanguigni, dilata le vie aeree bronchiali ed esalta la prestazione fisica; sostanzialmente, quindi, l’adrenalina migliora la reattivita’ dell’organismo, preparandolo in tempi brevissimi alla cosiddetta reazione di “attacco o fuga”.
Insieme alla norepinefrina, con la quale condivide origine e diverse azioni, l’adrenalina e’ il “neurotrasmettitore” tipico del sistema nervoso simpatico.
Un violento ed inaspettato rumore nel buio, l’urlo scherzoso di un amico apparso all’improvviso alle nostre spalle o lo stridere di un gesso sulla lavagna, sono esempi di situazioni stressogene che portano ad una massiccia attivazione del sistema simpatico.
In pochi istanti il cuore aumenta la forza e la frequenza contrattile, i bronchi, la pupilla ed i vasi sanguigni dei muscoli appendicolari e del sistema coronarico si dilatano, mentre a livello epatico viene stimolata la glicogenolisi.
Contemporaneamente, sempre allo scopo di preparare l’organismo all’imminente attivita’ fisica, i processi digestivi vengono sensibilmente rallentati, mentre i vasi sanguigni cutanei e periferici si costringono e la pressione arteriosa aumenta.
Molti degli effetti appena elencati sono mediati dall’adrenalina, che come ricordato viene sintetizzata a livello surrenale a partire dalla tirosina: la prima reazione e’ l’ossidazione dell’amminoacido in diidrossifenilalanina (L-DOPA), seguita dalla decarbossilazione nel neurotrasmettitore dopamina, dalla ossidazione in noradrenalina ed infine dalla metilazione in epinefrina.
Sintesi Adrenalina
Per la sua struttura chimica in cui, similmente alla noradrenalina, si riconosce un gruppo amminico e un orto-diidrossi-benzene chiamato catecolo, l’adrenalina appartiene alla classe delle catecolamine.
La liberazione di adrenalina e’ legata alla percezione di stimoli come minaccia fisica e paura, eccitazione, forti rumori, luce intensa ed elevata temperatura ambientale; tutti questi stimoli vengono elaborati a livello ipotalamico, dove evocano una risposta del sistema nervoso parasimpatico.
Altri stimoli sono rappresentati da ipovolemia, ipossia, ipotensione, ipoglicemia, dolore e stress; non a caso l’adrenalina trova impiego in terapia d’emergenza contro shock anafilattico, violenti attacchi asmatici, bradiaritmie sintomatiche e nella rianimazione cardiopolmonare.
Tra gli effetti collaterali rientrano dispnea, vomito, tachicardia, aritmia, ansieta’, tremori, mal di testa ed edema polmonare acuto, mentre tra le controindicazioni all’uso terapeutico dell’adrenalina ricordiamo diabete, ipertensione, ipertiroidismo gravidanza e glaucoma.
Funzioni dell’adrenalina
L’adrenalina produce un effetto sistemico influenzando l’attivita’ di quasi tutti i tessuti dell’organismo.
Per espletare i suoi effetti biologici, l’adrenalina deve interagire con specifici recettori, i cosiddetti recettori adrenergici.
Se ne riconoscono essenzialmente due tipi, a e b, con vari sottotipi per ciascuna classe; la diversa espressione di questi recettori e delle relative isoforme influenza le varie attivita’ adrenergiche a livello tissutale.
Ad esempio abbiamo visto che a livello dei bronchioli l’adrenalina induce una dilatazione, mentre espleta un effetto costrittivo sulla muscolatura liscia arteriolare.
L’adrenalina aumenta la glicogenolisi e la gluconeogenesi epatica e muscolare, stimolando anche la lipolisi.
Facilita quindi il rilascio di glucosio ed acidi grassi, substrati energetici primari per soddisfare le richieste energetiche dell’organismo (aumento della glicemia e degli acidi grassi liberi); come tale sostiene l’attivita’ metabolica dell’organismo.
Tra le altre azioni dell’adrenalina ricordiamo: aumento della frequenza cardiaca e di quella respiratoria, dilatazione delle pupille (importante in situazioni in cui e’ necessario vedere con poca luce), rilasciamento dei muscoli lisci delle pareti dei bronchioli (migliore fornitura di aria agli alveoli polmonari), aumento della pressione arteriosa, vasocostrizione e vasodilatazione selettiva (riduce l’apporto sanguigno a certi tessuti, come quello cutaneo, per aumentarlo soprattutto a livello muscolare e rilasciamento della muscolatura liscia delle arteriole dei muscoli scheletrici ed effetti favorevoli sulla contrazione muscolare, affaticamento piu’ tardivo).
Allo stesso tempo si ha un’attivita’ inibitoria di alcuni processi “non-essenziali”: ad esempio, inibizione della secrezione e dell’attivita’ motoria gastrointestinale, e dell’eccitamento sessuale.
Adrenalina noradrenalina ,
Invece, ha un’attivita’ piu’ specifica a livello circolatorio: aumenta la gittata cardiaca, aumenta le resistenze periferiche totali, quindi la pressione arteriosa, ed aumenta il flusso coronarico.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "A F A S I A"
SCHEDA “A F A S I A”
CHE COS’E’:
É un disturbo del linguaggio che comporta l’incapacità di comprendere il significato delle parole, nonché l’incapacità di parlare, anche se gli strumenti periferici di ricezione e di emissione dei suoni sono integri.
Le cause sono per lo più di origine vascolare (emorragie, trombosi, embolie cerebrali); meno frequenti le cause di origine tumorale o traumatiche.
COME SI MANIFESTA:
Si possono distinguere due tipi di afasia.
Quella di Broca (afasia motoria) è caratterizzata da un disturbo del linguaggio che interessa la funzione espressiva: il soggetto ha perso sia la formulazione mentale della parola, sia la sua emissione.
L’afasia di Wernicke (afasia sensoriale), invece, è caratterizzata da un disturbo nella comprensione del linguaggio, sia parlato che scritto: il soggetto perde la capacità di intendere il significato delle parole.
Egli, dunque, è capace di parlare, ma il suo è un discorso incomprensibile e intellegibile, formulato da parole deformate o usate a sproposito. La visita neurologica è utile per confermare che vi siano cause organiche.
In caso contrario, l’afasia può essere transitoria e addebitata a cause psicologiche.
Il modello medico prevede una parte attiva (il medico) che ha il sapere e che dà le cure e una parte passiva (il paziente) che riceve le cure ma che non è chiamata a partecipare attivamente alle cure stesse.
Per moltissimo tempo il modello medico è stato il modello imperante anche nel campo della rieducazione dell’afasia.
Il riabilitatore era l’unica persona che aveva il sapere e che lo applicava e la persona afasica era semplicemente il “recipiente” delle cure.
Uun elemento molto importante per ottenere il massimo recupero possibile è la collaborazione attiva della persona afasica che deve assumere la responsabilità del proprio trattamento.
Il riabilitatore deve continuare a fornire il “sapere” (e in questo la sua figura è insostituibile) ma non deve costituire l’unica figura che lo somministra.
Deve fornire di volta in volta pezzi di “sapere” alla persona afasica che deve essere messa in grado di gestire la quotidianità della sua terapia, generalmente con l’aiuto dei familiari.
Una diretta assunzione di responsabilità da parte della persona afasica e di chi gli è vicino è un elemento indispensabile di qualunque rapporto riabilitativo massimamente efficace.
Le competenze necessarie a un terapista per la presa in carico di una persona afasica sono molteplici e multidisciplinari.
Senza entrare nei dettagli, si indicano alcune aree di conoscenza che sono indispensabili.
In primo luogo il terapista deve avere delle solide conoscenza sul cervello e sul suo funzionamento, perché è tenuto ad operare con persone che hanno dei danni cerebrali.
Deve inoltre avere delle buone conoscenze linguistiche e psicolinguistiche perché il disturbo che deve trattare è un disturbo del linguaggio.
Infine, e non è questo certamente l’aspetto meno importante, deve avere una buona preparazione psicologica perché un aspetto molto importante della rieducazione è proprio il rapporto interpersonale tra la persona afasica e il terapista che deve sempre essere in grado di capire quello che sta avvenendo in rieducazione e motivare il paziente.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ALCOOLEMIA"
SCHEDA “ALCOOLEMIA”
Definizione:
Gli effetti dell’alcol sulla salute generale dipendono dal livello del consumo della sostanza: infatti, un consumo moderato di alcol riduce il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari soprattutto a livello coronario, mentre un livello elevato di consumo aumenta i rischi a livello coronario, produce infiammazioni dello stomaco, malattie del pancreas, danni al fegato ed al s.n.c.
La soglia sicura di consumo di alcol e’ pari a 50 unita’ alla settimana per l’uomo e 35 per la donna, indicando con 1 unita’ una quantita’ di vino pari ad un bicchiere circa.
E’ consigliabile consumare il vino durante i pasti, poiche’ il cibo rallenta l’assorbimento di alcol e perche’ l’alcol stesso contribuisce a sciogliere ed a diluire i grassi nel sangue, motivo per cui un consumo moderato di alcol riduce il rischio di sviluppare patologie a livello coronarico.
Un consumo eccessivo di alcol, tale da innescare una serie di sintomi sia fisici che psichici, che rimane pero’ isolato ed episodico, viene detto intossicazione acuta o, piu’ comunemente, sbornia.
Sulla possibilita’ di sviluppare un’intossicazione influisce:
– La gradazione della bevanda alcolica assunta;
– La capacita’ di assorbimento dell’alcol che, pur entro certi limiti, varia da soggetto a soggetto;
– A sua volta, la capacita’ di assorbimento e’ influenzata dagli altri ingredienti contenuti nella bevanda alcolica, ad esempio la soda contenuta nello spumante velocizza l’assorbimento dell’alcol.
– L’assorbimento viene inoltre influenzato dal sesso e dal cibo.
Il Perche’ dell’Abuso di Alcool
Nessuno vuole essere un alcolista, ma questo non impedisce a molti di diventarlo.
La domanda piu’ frequente e’, semplicemente: perche’ succede una cosa del genere?
Com’e’ potuto accadere che mio figlio, mia figlia, mio padre, mia sorella o mio fratello sia diventato un bugiardo, un ladro, uno di cui non ci si puoì fidare?
Com’e’ potuta accadere una cosa del genere ?
E perche’ non riescono a smettere?
La prima cosa da sapere riguardo all’alcolismo e’ che l’alcool, che altera la mente e’, in sostanza, un anestetico.
Blocca il dolore: sia quello fisico che quello emozionale.
Questa sostanza rende le persone insensibili e intontite.
Ma prima che l’alcool possa attirare una persona, ci deve essere infelicita’, disperazione o un dolore fisico vero e proprio nella sua vita.
Cos’ e’ la dipendenza dall’alcool?
Se una persona sia predisposta geneticamente, biochimicamente o in altri modi alla dipendenza dall’alcool, e’ una controversia dibattuta da anni nelle comunita’ mediche e scientifiche.
Una scuola di pensiero sostiene il concetto di malattia, abbracciando l’idea che la dipendenza dall’alcool sia una malattia ereditaria e che l’individuo sia quindi malato permanentemente, a livello genetico, pur avendo periodi piu’ o meno lunghi di sobrieta’.
L’alcool e la mente.
Possiamo dire che la mente e’ composta da cio’ che chiameremo “rappresentazioni tramite immagini mentali”.
Diamo un’occhiata alla mente: per prima cosa chiudi gli occhi e pensa ad un gatto per pochi secondi.
Hai avuto l’immagine di un gatto ? Era un gatto che avevi gia’ visto?
Non ha importanza se l’immagine era nitida o solo un’impressione vaga. Chi piu’ chi meno lo possiamo fare tutti.
In questo consiste la mente: immagini della propria esperienza.
Tu sei in grado di richiamare immagini del passato per trarre conclusioni su cio’ che si sta osservando ora.
La mente non e’ nient’altro che una registrazione consecutiva di immagini mentali che si accumulano durante la vita della persona: quasi come un film.
Con la differenza che, oltre a registrare le immagini, la mente e’ in grado di registrare simultaneamente oltre 50 percezioni (le piu’ conosciute sono tatto, olfatto, udito, vista e gusto).
L’alcool ostacola l’apprendimento.
Rende la persona stupida, assente, smemorata, illusoria e irresponsabile.
Nelle scuole, si e’ osservato che chi fa uso di alcool e’ molto piu’ lento nell’apprendimento degli altri studenti, come se finisse in una specie di torpore, diventando insensibile e incapace.
Esiste inoltre la cosiddetta “personalita’ da alcool”.
E’ un carattere artificiale, creato dall’alcool.
Dipendenza da alcool: cause ed effetti, disintossicazione e riabilitazione ad opera del centro di recupero.
L’alcool puo’ cambiare effettivamente le abitudini di una persona e il suo carattere originale, inducendola a provare una segreta ostilita’ ed un antagonismo represso nei confronti delle altre persone.
Questo significa che l’alcool riduce le abilita’ della persona.
La rende incapace di vivere bene e triste, impedendole di raggiungere le proprie mete nella vita.
C’e’ molta propaganda in giro riguardo all’alcool e a come questa renderebbe le persone piu’ creative. Bugie..!!!
La creativita’, la consapevolezza e l’intelligenza sono il frutto di una mente sana, non quello di una mente intossicata dall’alcool.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ALGIA"
SCHEDA “ALGIA”
Definizione: Cos’e’ il dolore o algia ?
“Il dolore e’ un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno”.
Si tratta della definizione scientifica del dolore, fornita dall’IASP (International Association of the Study of Pain).
Ma per chiunque, il dolore e’ semplicemente una sensazione spiacevole di sofferenza fisica.
Si tratta di una sensazione soggettiva, che ognuno di noi apprende attraverso le proprie esperienze fin dai primi momenti di vita.
C’e’ molto da sapere sul dolore e su come e’ possibile alleviarlo, ma per il medico esiste solo il dolore se gli/le si parla della propria sofferenza.
Occorre dunquo’ essere acuto, quando dura per un breve periodo, o cronico, quando presenta una durata piu’ lunga, talvolta per tutta la vita.
Dolore acuto Il dolore acuto e’ di breve durata e di solito ha una causa facilmente diagnosticabile.
Questo tipo di dolore ha origine generalmente al di fuori del cervello (nel sistema nervoso periferico sistema nervoso periferico), ma viene elaborato e interpretato all’interno del cervello stesso (dal sistema nervoso centrale sistema nervoso centrale).
In effetti, il dolore acuto funge da segnale di allarme dell’esistenza di un danno effettivo in situ o in regioni circostanti: cio’ che causa il dolore e’ infatti la normale risposta psicologica a uno stimolo avverso o dannoso.
Questo stimolo puo’ essere di natura meccanica (come nel caso di un dolore post-frattura), termica (come nel caso di ustioni) o chimica.
Questa condizione mostra una buona risposta agli antidolorifici ed e’ quindi limitata nel tempo.
Dolore cronico
Il dolore cronico e’ spesso indipendente dalla causa originale del dolore medesimo.
La causa del dolore puo’ anche non esistere piu’, ma i nervi sovrastimolati segnalano al cervello l’esistenza di un dolore.
In altre circostanze, la causa del dolore puo’ esistere ancora, ma non puo’ essere sempre trattata o rimossa, come accade per le malattie incurabili o persistenti.
La sensazione di dolore dura quindi piu’ a lungo del normale perche’ una lesione guarisca o una condizione in corso migliori.
La percezione del dolore puo’ essere completamente distinta dallo stimolo doloroso originale, cosicche’ il segnale del dolore ha perso la sua funzione di allarme.
Il dolore costante o intermittente e’ quindi sopravvissuto spesso al suo scopo: non e’ piu’ di nessun aiuto all’organismo per prevenire una lesione.
Si parla anche di cronicizzazione del dolore, che assume le sembianze di un circolo vizioso, in cui gli stimoli dolorifici non trattati evocano ulteriori risposte dolorose supplementari.
Dunque, il dolore cronico e’ solitamente molto piu’ difficile da trattare rispetto al dolore acuto.
Dovrebbe infatti essere di per se’ considerato un’entita’ patologica. Le condizioni che provocano tale dolore saranno discusse ulteriormente nella sezione.
Cause.
Interruzione del circolo vizioso del dolore
Un buon controllo del dolore acuto dovrebbe essere finalizzato ad evitare la cronicizzazione del dolore (Sandkuhler 2000; Schnitzler et al. 2000).
Sono emerse delle evidenze cliniche secondo cui il dolore persistente comporta un danno centrale nel midollo spinale e nel cervello, che genera modifiche permanenti (esperienza dolorosa), anche dopo l’interruzione dello stimolo doloroso.
Pertanto, e’ importante controllare il dolore nel modo opportuno, al fine di evitare una facile evoluzione verso il dolore cronico non trattabile e la relativa perpetuazione.
Occorre dunque parlare al proprio medico del dolore che si avverte.
Dal punto di vista umano, funzionale e neurobiologico, e’ stato riconosciuto che l’assenza di trattamento del dolore non e’ giustificata.
L’American Pain Society and American Academy of Pain ha affermato con una dichiarazione unanime che l’idea sbagliata di abuso farmacologico non deve ostacolare la capacita’ dei pazienti di ricevere il trattamento di cui necessitano e che meritano.
Un gruppo di esperti europei (Kalso et al. 2003) raccomanda che la gestione del dolore cronico sia sempre diretta al dolore di fondo.
Tuttavia, a prescindere dalla causa, l’obiettivo principale del trattamento dei pazienti deve essere il controllo sintomatologico.
Dunque, comunicare al proprio medico l’esistenza di un dolore, e’ il primo passo verso la sua attenuazione.
In nessun caso, tali informazioni possono sostituire un consulto medico. Per tutte le questioni riguardanti la vostra salute, vi invitiamo a consultare il vostro medico curante.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "A. L. S. - ADVANCED LIFE SUPPORT"
SCHEDA “A. L. S. – ADVANCED LIFE SUPPORT”
Il supporto vitale avanzato o ALS(Advanced Life Support) e’ costituito dall’insieme dei provvedimenti messi in atto da personale di soccorso organizzato e dotato di specifiche competenze ed attrezzature.
Esso comprende l’impiego di strumenti e l’attuazione di procedure specifiche (defibrillazione, intubazione orotracheale, somministrazione di farmaci) per ripristinare e mantenere le funzioni vitali e, infine, per trasferire il paziente al centro ospedaliero piu’ idoneo per la patologia da trattare.
L’ALS comprende quindi:
1) gestione delle vie aeree;
2) accesso venoso periferico;
3) somministrazione di farmaci;
4) defibrillazione.
5) destione vie aeree
6) accesso venoso periferico
7) somministrazione farmaci
8) defibrillazione
La gestione delle vie aeree rappresenta una priorita’ nel trattamento del paziente.
Una buona valutazione della pervieta’ delle vie aeree costituisce il primo passo per assicurare una efficace ventilazione ed ossigenazione al paziente.
La valutazione della pervieta’ delle vie aeree comprende:
– l’adeguatezza del respiro;
– la presenza di eventuali ostruzioni;
– l’identificazione di situazioni a rischio evolutivo.
L’adeguatezza del respiro viene valutata attraverso la misurazione della F.R., la profondita’ e lo sforzo del respiro.
Fondamentale a questo proposito e’ l’esposizione del torace che consente di valutarne l’escursione e la simmetria, oltre a movimenti di retrazione a livello degli spazi intercostali o del giugulo, l’uso della muscolatura accessoria del respiro e, in caso di trauma, deformazioni, contusioni, ferite penetranti, deviazione tracheale ed enfisema sottocutaneo.
La presenza di eventuali corpi estranei viene valutata attraverso l’ispezione del cavo oro-faringelo, con l’ausilio di una fonte luminosa.
Protesi mobili vanno rimosse poiche’ rappresentano una potenziale complicanza nel mantenimento della pervieta’ delle vie aeree.
Denti mobili, piercing alla bocca, alle guancie, al naso o alla lingua andrebbero rimossi poiche’ potenzialmente a rischio di inalazione.
A seconda del livello professionale del soccorritore, la gestione delle vie aeree viene effettuata con presidi diversi, ma i principi cardine di trattamento rimangono gli stessi:
– apertura delle vie aeree (iperestensione del capo e sollevamento del mento; sublussazione della mandibola);
– posizionamento di una via aerea definitiva;
– aspirazione delle prime vie aeree e la broncoaspirazione.
Nel soccorso di base gli unici presidi utlizzati per mantenere la pervieta’ delle vie aeree sono la cannula orofaringea e la cannula nasofaringea. Quest’ultimo presidio non e’ in realta’ utilizzato in Italia (per lo meno non dai soccorritori).
Entrambi questi presidi rappresentano solamente un aiuto nel mantenimento della pervieta’ delle vie aeree, poiche’ richiedono il costante posizionamento del capo iperesteso o la sublussazione della mandibola.
L’intubazione endotracheale rappresenta il gold-standard per il controllo delle vie aeree, in Italia rimane a tutt’oggi di stretta competenza medica.
Se correttamente posizionato, il tubo endotracheale consente una efficacie ventilazione del paziente, la broncoaspirazione e la possibilita’ di somministrare dei farmaci.
Esistono tubi di varie misure: – 7.0 e 8.0 per le donne adulte; – 7.5 e 8.5 per gli uomini adulti; – 2.0 per i neonati maturi fino a 10.0 per adulti molto alti. Il posizionamento del tubo endotracheale viene effettuato con l’ausilio di un laringoscopio a lama curva di Macintosh (se il paziente e’ un bachitipo o col collo corto), oppure a lama retta di Miller (se il paziente e’ longitipo o col collo alto).
Esistono altri dispositivi per la gestione avanzata delle vie aeree, come la maschera laringea (LMA) e il Combitube.
Tali dispositivi consentono un posizionamento relativamente piu’ facile, senza l’uso del laringoscopio, e vengono quindi utilizzati anche dagli infermieri dell’emergenza extra-ospedaliera.
Questi presidi presentano pero’ delle limitazioni e non sono applicabili su tutti i pazienti.
La maschera laringea viene considerata un presidio sicuro, utile ed efficacie dalle linee guida ALS. E’ disponibile in 8 misure, il suo uso e’ pero’ limitato a soggetti con peso inferiore a 100 kg.
Il Combitube e’ un dispositivo costituito da un unico tubo bilume, blu e bianco.
Introdotto alla cieca il tubo preferenzialmente si posiziona in esofago, in tal caso la ventilazione del paziente deve essere effettuata dal lume blu, mentre se si posiziona in trachea dal lume bianco.
La scelta di quale lume utilizzare per la ventilazione viene effettuata in base al fatto che si verifichi o meno distensione gastrica e alla valutazione dei rumori respiratori.
Solamente nel caso in cui non sia possibile assicurare una via aerea definitiva e il paziente non sia ventilabile nemmeno in mashera, e’ possibile ricorrere a procedure chirurgiche come la minitracheo o la cricotiroidotomia.
Mentre la prima tecnica utilizza dei kit preparati appositamente, la seconda si realizza posizionando un agocannula 14G attraverso la membrana cricotiroidea, consentendo una ventilazione del paziente per 20-30 minuti a causa del rischio di barotrauma.
L’aspirazione delle prime vie aeree rappresenta un altro elemento importante per mantenerne la pervieta’.
Si realizza con un sondino di aspirazione che viene introdotto nel cavo oro-faringeo per un tratto corrispondente alla misura della cannula orofaringea.
E’ importante ricordare che l’aspirazione deve essere effettuata per un tempo non superiore ai 15 secondi, in risalita per evitare di causare lesioni al cavo oro-faringelo.
Per rimuovere le secrezioni profonde e’ indicata invece la broncoaspirazione, che per le possibili complicanze e’ riservata al personale sanitario.
La gestione degli Accessi Venosi Periferici (AVP) riveste nell’ambito delle cure infermieristiche la stessa importanza di quelli centrali considerando che anche nell’impiego di cateteri corti, inseriti in vene periferiche possono verificarsi delle complicanze “catetere correlate”.
Comunque tutte le persone che necessitano di un cateteterismo venoso sia esso periferico che centrale, quindi a prescindere dalla gravita’ o intensivita’ delle cure, devono avere risposte qualificate al bisogno di salute, motivo per cui si rivolgono a strutture e ad operatori del servizio sanitario.
I farmaci possono essere assunti dall’organismo in molti modi, hanno cioe’ varie vie di somministrazione, ognuna delle quali risponde a caratteristiche particolari.
Le principali vie di somministrazione, indicate nei foglietti illustrativi che accompagnano le confezioni di farmaci, sono la via orale: per bocca. e’ il modo piu’ semplice per assumere un farmaco se i suoi principi attivi, che devono essere assorbiti dall’intestino, non vengono danneggiati dai succhi gastrici dello stomaco.
Queste medicine hanno la forma di compresse (polvere compressa), capsule (la polvere o il liquido e’ contenuto in un involucro di gelatina), pillole (la polvere e’ mescolata con un liquido ed avvolta in un involucro), o sciroppi (un liquido vischioso con acqua e zucchero).
Alcuni farmaci, come quelli omeopatici, devono essere sciolti sotto la lingua perche’ il principio attivo e’ assorbito direttamente dalla mucosa della bocca la via topica: applicato sulla pelle o sulle mucose (nel naso, negli occhi, altro) cosicche’ esso agisca direttamente sulla lesione esterna o sia assorbito rapidamente dalla pelle, senza essere danneggiato dai succhi gastrici dello stomaco.
A questo gruppo appartengono le lozioni (miscela d’acqua e oli), le tinture (liquido che contiene alcool), le paste o le creme.
Si parla invece di colliri o di pomate oftalmiche se per gli occhi, di colluttori se per sciacqui o gargarismi, di spray, aerosol o gocce se per via nasale.
La via parenterale: le iniezioni intramuscolari o sottocutanee.
Queste sono utili se il medicinale non puo’ essere preso per altre vie o se sono necessari rapidi effetti o grandi quantita’.
Il medicinale puo’ essere in fiale gia’ pronte per l’uso o da preparare sciogliendo la polvere, contenuta in una bottiglia separata, in un liquido diluente per via rettale: attraverso l’ano.
Questo modo e’ scelto ad esempio in caso di vomito, che non consente l’assunzione di medicine per bocca, o se il farmaco danneggia lo stomaco.
Nelle supposte il farmaco e’ mescolato con burro di cacao ed e’ assorbito dal retto, mentre nei clisteri il farmaco e’ diluito con liquidi e raggiunge direttamente l’intestino cieco Nell’85% dei casi l’ Arresto Cardiaco e’ determinato da una grave aritmia, la fibrillazione ventricolare (FV), che causa un completo sovvertimento dell’attivita’ elettrica cardiaca, con perdita della funzione di pompa ed assenza di circolo.
L’unico trattamento efficace e’ costituito dalla defibrillazione che consiste nel far attraversare il cuore da un flusso di corrente continua in pochi millisecondi. Il passaggio dell’energia determina una sorta di blocco di tutta la caotica attivita’ cardiaca, dando la possibilita’ al cuore di ristabilire la corretta sequenza dell’attivazione elettrica, con ripresa del circolo. I defibrillatori possono essere manuali (utilizzabili esclusivamente dai medici) o semiautomatici.
Il Defibrillatore Semiautomatico Esterno (DAE) Il DAE e’ un dispositivo semiautomatico che guida l’operatore nella eventuale erogazione dello shock elettrico.
L’innovazione principale del DAE rispetto al defibrillatore manuale e’ costituita dal fatto che il dispositivo solleva completamente il soccorritore dall’onere del riconoscimento del ritmo cardiaco.
Una volta collegato al torace della vittima mediante una coppia dielettrodi adesivi, il DAE analizza il ritmo e solo nel caso riconosca unritmo defibrillabile indica “shock consigliato”, carica il condensatore al valore di energia gia’ preimpostato e ordina all’operatore di premere il pulsante di shock.
Dal momento che l’operatore non deve porre l’indicazione allo shock ed in considerazione della legge 120/2001, che consente l’utilizzo del DAE anche a personale non sanitario addestrato, l’uso di tali dispositivi sta divenendo sempre piu’ diffuso.
Nell’utilizzo del DAE e’ fondamentale il rispetto delle norme di sicurezza che devono essere sempre osservate: – durante le fasi di analisi ed erogazione dello shock nessuno, operatore compreso, deve essere a contatto con il corpo della vittima. Infatti, mentre in corso di analisi eventuali movimenti potrebbero interferire e ritardare l’analisi stessa, durante la fase di shock il contatto con il paziente comporterebbe il passaggio di corrente all’operatore e/o agli osservatori, con elevato rischio per la loro incolumita’.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ALVEOLI POLMONARI"
SCHEDA “ALVEOLI POLMONARI”
Il termine alveolo deriva dal latino alveolus – piccola cavita’.
A dispetto delle ridotte dimensioni, gli alveoli polmonari sono preposti ad una funzione importantissima: lo scambio di gas respiratori tra il sangue e l’atmosfera.
Per questa ragione sono considerati l’unita’ funzionale del polmone, cioe’ le piu’ piccole strutture in grado di svolgere tutte le funzioni cui e’ preposta.
La maggior parte degli alveoli polmonari si riunisce in gruppi situati all’estremita’ di ogni bronchiolo respiratorio.
Attraverso quest’ultimo ricevono l’aria atmosferica proveniente dalle vie aeree superiori (bronchioli terminali, bronchioli, bronchi terziari, secondari e primari, trachea, laringe, faringe, nasofaringe e cavita’ nasali).
Lungo la parete dei bronchioli respiratori si cominciano a riconoscere estroflessioni emisferiche, denominate alveoli polmonari.
I bronchioli respiratori conservano la struttura ramificata dell’albero bronchiale, aumentando il numero di alveoli ospitati mano a mano che originano condotti di calibro inferiore.
Dopo alcune biforcazioni, ogni ramo del bronchiolo respiratorio termina in un dotto alveolare, che a sua volta si conclude in un rigonfiamento a fondo cieco costituito da due o piu’ gruppi di alveoli
(i cosiddetti sacchi alveolari).
Pertanto, ogni sacco si apre in uno spazio comune che alcuni ricercatori chiamano “atrio”.
Gli alveoli polmonari si presentano come piccole camere d’aria di dimensione sferica od esagonale, con diametro medio di 250-300 micrometri in fase di massima insufflazione.
Il ruolo primario degli alveoli e’ arricchire il sangue di ossigeno e ripulirlo dall’anidride carbonica.
L’elevata densita’ di questi alveoli caratterizza l’aspetto morfologico spugnoso del polmone; inoltre, aumenta sensibilmente la superficie di scambio gassoso, che nel complesso raggiunge i 70 – 140 metri quadrati in relazione a sesso, eta’, altezza ed allenamento fisico (stiamo parlando di un’area pari ad un appartamento con due stanze o ad un campo da tennis).
La parete degli alveoli e’ sottilissima e costituita da un unico strato di cellule epiteliali.
A differenza dei broncholi, le sottili pareti alveolari sono prive di tessuto muscolare (perche’ ostacolerebbe lo scambio gassoso).
Nonostante l’impossibilita’ di contrarsi, l’abbondante presenza di fibre elastiche conferisce agli alveoli una certa facilita’ all’estensione, durante il processo inspiratorio, e al ritorno elastico durante la fase espiratoria.
La regione tra due alveoli adiacenti e’ conosciuta come setto interalveolare ed e’ costituita da epitelio alveolare (con le sue cellule di 1micro e 2micro tipo), capillari alveolari e sovente da uno strato di tessuto connettivo.
I setti intralveolari rinforzano i dotti alveolari e in qualche modo li stabilizzano.
Gli alveoli polmonari possono essere collegati ad altri alveoli adiacenti tramite piccolissimi fori, noti come pori di Khor.
Il significato fisiologico di questi pori e’ probabilmente quello di equilibrare la pressione dell’aria all’interno dei segmenti polmonari.
L’acino polmonare rappresenta il territorio di parenchima dipendente da un bronchiolo terminale.
Gli acini polmonari rappresentano le ultime porzioni del lobulo polmonare.
I lobuli polmonari vanno a costituire le zone bronco-polmonari.
Le zone bronco-polmonari vanno a costituire i lobi polmonari (tre nel polmone destro, due nel sinistro).
Struttura degli alveoli
Ogni alveolo polmonare e’ costituito da un singolo e sottile strato di epitelio di scambio, in cui si conoscono due tipologie di cellule epiteliali, dette pneumociti:
– Cellule alveolari squamose, note anche come cellule di tipo I o epiteliociti respiratori;
– Cellule di tipo II, note anche come cellule settali o cellule del surfactante;
La maggior parte dell’epitelio alveolare e’ formato da cellule di tipo I, che si dispongono a formare uno strato cellulare continuo.
La morfologia di queste cellule e’ molto particolare, perche’ sono molto sottili e presentano un piccolo rigonfiamento in corrispondenza del nucleo, dove si ammassano i vari organuli.
Cellule alveolari:
Queste cellule, essendo sottili (25 nm di spessore) ed intimamente connesse all’endotelio capillare, si lasciano facilmente attraversare dai gas respiratori, garantendo una maggiore facilita’ di scambio tra sangue ed aria, e viceversa.
L’epitelio alveolare e’ composto anche da cellule di tipo II, sparse singolarmente o a gruppi di 2-3 unita’ tra le cellule di tipo I.
Le cellule settali possiedono due principali funzioni.
La prima e’ quella di secernere un liquido ricco di fosfolipidi e proteine, detto surfactante;
la seconda e’ di riparare l’epitelio alveolare quando e’ seriamente danneggiato.
Il liquido surfactante, secreto continuamente dalle cellule settali, e’ in grado di prevenire l’eccessiva distensione ed il collasso degli alveoli.
Inoltre, contribuisce a rendere piu’ agevole lo scambio di gas tra l’aria alveolare ed il sangue.
Senza la produzione di surfactante da parte delle cellule di tipo II, si svilupperebbero seri problemi respiratori, come il collasso totale o parziale del polmone (atelettasia).
Questa condizione puo’ essere determinata anche da altri fattori, come un trauma (pneumotorace), una pleurite od una broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
Le cellule alveolari di tipo II sembrano contribuire a minimizzare il volume di liquido presente negli alveoli, veicolando acqua e soluti al di fuori dagli spazi aerei.
Negli alveoli polmonari si registra la presenza di cellule immunitarie.
In particolare, i macrofagi alveolari sono deputati all’eliminazione di tutte quelle sostanze potenzialmente dannose, come pulviscolo atmosferico, batteri e particelle inquinanti.
Non a caso, questi derivati dei monociti sono noti come cellule del pulviscolo o della polvere.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "A L V O"
SCHEDA “A L V O”
Termine che indica il canale intestinale nel suo complesso.
Si usa anche per definire la funzione della defecazione:
alvo normalmente canalizzato in caso di normalità
alvo stitico, diarroico o, addirittura,
alvo chiuso in caso di problemi più o meno gravi della funzione.
La ritardata evacuazione delle feci o un’evacuazione di feci meno abbondanti e di maggiore consistenza della norma (stitichezza), se insorgono improvvisamente, devono sempre far pensare a una causa organica, mentre le forme croniche sono di solito dovute a fattori funzionali.
L’evacuazione frequente di feci liquide o poltacee (diarrea) può essere dovuta a numerosissime forme morbose, non necessariamente a carico dell’apparato digerente quando la diarrea non è un episodio passeggero, magari chiaramente attribuibile a un eccesso alimentare o ad altra causa scevra di gravi conseguenze, è bene non ricorrere subito a rimedi sintomatici, bensì tentare di precisare una diagnosi e quindi praticare la terapia causale più appropriata.
L’alvo chiuso alle feci e ai gas può diventare un’emergenza chirurgica in quanto la mancata evacuazione e l’assenza del passaggio di aria possono indicare la presenza di una ostruzione intestinale (occlusione intestinale – ileo meccanico).
Cause di ileo meccanico possono essere: volvolo, intussuscezione, masse che occupano il lume intestinali come tumori o ascessi.
L’alvo può essere chiuso alle feci e ai gas anche in risposta a patologie infiammatorie addominali (ileo paralitico o dinamico): appendicite, diverticolite, malattia infiammatoria pelvica, ecc.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA " PALLONE AMBU "
SCHEDA ” PALLONE AMBU “
Definizione di : A M B U
Il pallone autoespandibile, comunemente conosciuto come pallone di AMBU (Auxiliary Manual Breathing Unit) o solamente AMBU, dal nome dell’azienda danese che lo ha creato e commercializzato fin dal 1956, è lo strumento utilizzato dai soccorritori per il supporto dell’attività respiratoria e come manovra nella respirazione durante il massaggio cardiaco e l’uso del defibrillatore.
Il pallone autoespandibile “AMBU” viene utilizzato per fornire un supporto ventilatorio manuale a quei pazienti che, per un motivo o per l’altro, presentano una ventilazione polmonare insufficiente.
La conoscenza di tale presidio avanzato e del modo corretto di utilizzarlo è indispensabile per i professionisti sanitari che vogliono erogare un supporto efficacie e prevenire l’insorgenza di danni importanti al paziente.
Utilizzato anche sulle ambulanze in emergenza 118, dal Soccorritore, nei casi di arrresto cardiaco o qualsiasi altra situazione con la respirazione compromessa.
I palloni “AMBU” sono composti da un’unità comprimibile (il pallone autoespandibile) alle cui estremità sono poste due valvole unidirezionali: una permette l’ingresso dell’aria all’interno del pallone, l’altra convoglia l’aria verso l’esterno, evitando il fenomeno di rebreathing (inalazione dell’aria espirata).
All’estremità prossimale, i palloni AMBU sono dotati di un raccordo universale (da 15 mm) per la connessione alle maschere, ai tubi endotracheali, agli HME filters, ai catheter mount ed alle cannule tracheostomiche.
L’O2, (ossigeno) le cui concentrazioni dipendono dalla fonte usata e dalla presenza o meno di reservoir, può essere collegato al connettore situato nella porzione distale del pallone.
(Testo desunto da “Nurse Times” e “Wikipedia”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA: AMENORREA.
SCHEDA: AMENORREA.
L’amenorrea e’ una mancanza di mestruazioni, e bisogna tener presente che esistono periodi della vita della donna nei quali tale mancanza e’ fisiologica: prima della puberta’, dopo la menopausa, durante la gravidanza e, per un periodo piu’ o meno lungo, durante l’allattamento.
Al di fuori di questi casi, l’amenorrea e’ dovuta a malattie che causano un’alterazione delle condizioni generali, oppure a malattie dell’apparato genitale; l’amenorrea puo’ essere causata anche da gravi traumi psichici.
Un’alterazione della funzione mestruale (a maggior ragione la mancanza di mestruazione) non e’ altro che una manifestazione, un sintomo potremmo dire, di un’alterazione nel succedersi dei fenomeni che si svolgono a carico dell’endometrio, e quindi il segno che qualcosa nel meccanismo di regolazione non funziona nel modo dovuto.
Dobbiamo fare anzitutto un’importante distinzione tra amenorrea ”primaria” (che si osserva in ragazze o donne che, pur avendo superato l’epoca della puberta’, non hanno mai avuto mestruazioni ) e amenorrea ”secondaria” (che invece compare dopo un periodo durante il quale la funzione mestruale si e’ svolta in modo regolare).
Primaria: qualora il flusso mestruale non compaia entro i 16 anni di eta’, si parla di amenorrea primaria.
Il fatto che all’epoca della puberta’ (12-13 anni) non compaiano mestruazioni puo’ essere legato sia a cause direttamente connesse con l’apparato genitale, sia a cause che solo indirettamente agiscono sulla funzione genitale.
Tra le cause genitali vanno ricordate le gravi malformazioni dell’apparato sessuale (mancanza o insufficiente sviluppo dell’ovaio o dell’utero).
Vi possono poi essere casi in cui il meccanismo regolatore della funzione ovarica e mestruale agisce regolarmente: queste ragazze, all’epoca della puberta’, presentano un normale sviluppo corporeo, con comparsa di peli al pube, e alle ascelle, sviluppo delle mammelle e degli organi genitali esterni, tuttavia non hanno mestruazioni.
Si ritiene che in questi casi esista un’insensibilita’ della mucosa uterina agli stimoli ormonali (estrogeni e progesterone) provenienti dall’ovaio.
Le cause extragenitali sono svariate.
Possono essere legate alle disfunzioni del diencefalo e dell’ipofisi, che modificano o aboliscono la produzione degli ormoni ipotalamici e ipofisari; questi ultimi, stimolano l’ovaio, causando la produzione di estrogeni e di progesterone.
Sempre nel campo del sistema endocrino, una grave deficienza dell’attivita’ della tiroide (cretinismo) puo’ essere causa di amenorrea primaria.
Tra gli altri fattori possono esserci i gravi stati di denutrizione, le avitaminosi, le malattie infettive croniche (tubercolosi) e le anemie gravi.
Secondaria: con questo termine si indica la cessazione della funzione mestruale dopo un periodo in cui questa si e’ svolta regolarmente.
Al di fuori del periodo di gravidanza ed allattamento, durante il quale l’interruzione delle mestruazioni e’ fisiologica, l’amenorrea secondaria e’ espressione di uno stato patologico.
Tra le cause genitali si annoverano quelle condizioni che, determinando la distruzione (o l’asportazione) di uno degli organi direttamente implicati nella funzione mestruale, ne causano la definitiva scomparsa.
Esse sono rappresentate dall’asportazione chirurgica delle ovaie o dell’utero (vedi: isterectomia).
Tra le cause piu’ importanti dell’amenorrea secondaria, figura quella legata all’alterazione della funzionalita’ ipofisaria.
In questi casi cessano gli stimoli causati dagli ormoni ipofisari sull’ovaio ed insieme ad essi la sua normale funzione.
Questa patologia e’ accompagnata da una grave diminuzione dell’attivita’ di tutte le ghiandole endocrine che si trovano sotto il controllo dell’ipofisi.
Le fasi del ciclo mestruale nella mucosa uterina dipendono dall’azione degli ormoni prodotti dall’ovaio (estrogeni e progesterone o, piu’ precisamente, dalla quantita’ degli uni rispetto all’altro; uno squilibrio fra questi ormoni puo’ essere causata dall’amenorrea.
In effetti, mentre una notevole deficienza della produzione di estrogeni impedisce che l’endometrio entri nella fase proliferativa (fatto che costituisce la premessa necessaria affinche’ possano determinarsi la fase secretiva e le mestruazioni), se la quantita’ di progesterone e’ normale, l’azione di quest’ultimo non e’ sufficiente a far entrare l’endometrio nella fase secretiva.
Si verifica cosi un arresto dell’endometrio in fase proliferativa.
L’eccessiva produzione di progesterone determina l’arresto del ciclo nella fase secretiva.
Tra le cause extragenitali, gli stati di grave denutrizione possono determinare l’interruzione della funzione mestruale, cosi’ come i bruschi cambiamenti climatici, fattori nervosi, psichici, improvvise e violente emozioni, stress quotidiano e stress da pratica sportiva nelle atlete agoniste.
Sempre in ambito sportivo, l’amenorrea, associata ad osteoporosi e a disordini alimentari, e’ comunemente inserita in un quadro noto come “triade dell’atleta donna”.
Questa condizione e’ di comune riscontro tra le atlete professioniste e, piu’ in generale, tra le donne che praticano molta attivita’ fisica senza alimentarsi in modo adeguato.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "AMNESIA"
SCHEDA “AMNESIA”
AMNESIE: definizioni.
Alterazioni che causano la parziale o totale incapacita’ di ricordare esperienze passate.
L’amnesia (perdita di memoria) puo’ essere classificata come:
retrograda (amnesia degli eventi precedenti la malattia, il trauma o la degenerazione cerebrale),
anterograda (incapacita’ di memorizzare dopo la malattia, il trauma o la degenerazione),
globale (amnesia delle informazioni correlate a tutti i canali sensoriali e alle epoche precedenti),
a modalita’ specifica (amnesia degli eventi elaborati mediante un singolo canale sensoriale, p. es., un’agnosia),
transitoria (amnesia breve, come quella che insorge dopo un trauma cerebrale o nell’amnesia globale transitoria),
stabile (fissa, come quella che insorge dopo un evento grave, p. es., encefalite, ischemia diffusa, arresto cardiaco)
progressiva (come quella presente nelle demenze degenerative, come il morbo di Alzheimer).
In termini di espressione cognitiva, la memoria puo’ anche essere classificata come fattuale (dichiarativa) o di esperienza (procedurale).
Un’amnesia puo’ conseguire a insufficienza diffusa di perfusione cerebrale, a lesioni bilaterali o a danni multifocali che compromettono le aree degli emisferi cerebrali deputate alla memorizzazione.
Le vie principali per la memoria dichiarativa decorrono lungo la regione paraippocampale mediale e l’ippocampo, come anche nella parte infero-mediale dei lobi temporali, la superficie orbitaria dei lobi frontali e il diencefalo.
Di queste, il giro ippocampale, l’ipotalamo e i nuclei del prosencefalo basale, nonche’ i nuclei talamici dorsomediali svolgono un ruolo critico.
Il nucleo dell’amigdala contribuisce a dare contenuto emozionale alla memoria.
Il nucleo talamico intralaminare e la formazione reticolare del tronco encefalico stimolano l’imprinting dei ricordi.
La memoria recente e la capacita’ di produrre nuovi ricordi sono gravemente compromesse da lesioni bilaterali del talamo mediale e dorsale, la formazione reticolare e il sistema adrenergico; le cause maggiori sono la carenza di tiamina, le neoplasie ipotalamiche e l’ischemia.
Il danno bilaterale della parte mediale dei lobi temporali, specialmente dell’ippocampo, puo’ provocare un’amnesia dichiarativa semipermanente.
Anche le amnesie post-traumatiche per i periodi immediatamente precedenti e successivi alla concussione, oppure quelle conseguenti a traumi piu’ gravi, sembrano essere dovute a lesioni temporali mediali.
Lesioni piu’ gravi e molte patologie cerebrali diffuse che producono demenza, possono coinvolgere aree di memorizzazione piu’ ampie.
Con l’invecchiamento, molte persone sviluppano gradualmente evidenti problemi di memoria, inizialmente per i nomi, quindi per i fatti e talora per le relazioni con lo spazio circostante.
Questa frequente amnesia, cosiddetta tendenza benigna a dimenticare dell’anziano, non e’ correlata in modo comprovato con la demenza, anche se presenta caratteri per alcuni aspetti simili.
Le cause piu’ comuni di grave, irreversibile perdita di memoria sono le demenze degenerative, il trauma cerebrale grave, l’anossia cerebrale o ischemia, la sindrome tossico-carenziale da alcol e le intossicazioni da vari farmaci (p. es., l’inalazione cronica di solventi, l’amfotericina B o l’intossicazione da litio).
Dovra’ essere trattato ogni agente causale di base.
Tuttavia, la maggior parte dei pazienti colpita da amnesia acuta acquisita, migliora spontaneamente.
Per quelli che non migliorano, non vi sono misure specifiche che possano accelerare il processo di guarigione o migliorare la prognosi.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "AMPUTAZIONE"
SCHEDA “AMPUTAZIONE”
Definizione:
Asportazione di un arto o di una sua porzione comprendente tutte le sue componenti (pelle, vasi, nervi, muscolo, osso).
Meno correttamente il termine e’ riferito all’asportazione di altre parti del corpo (amputazione della mammella, amputazione del retto ecc.).
– Amputazione spontanea.
Si osserva negli arti affetti da cancrena dove la parte sana delimita nettamente la parte ammalata finche’ quest’ultima si stacca spontaneamente.
– Amputazione congenita.
Evenienza piuttosto rara, consegue quasi sempre alla presenza di una briglia amniotica che agisce direttamente su di un arto del feto determinandone la sezione.
– Amputazione traumatica.
Si osserva con notevole frequenza nell’infortunistica del lavoro e stradale.
Spesso sono interessate le dita della mano e la chirurgia ha sviluppato un suo settore specialistico per il trattamento di tali lesioni.
Sono state adottate anche le tecniche della microchirurgia per la ricostituzione della continuita’ dell’arto amputato spesso seguite da buoni risultati.
– Amputazione chirurgica.
L’amputazione di un arto affetto da patologia varia o da traumi irreparabili rappresenta uno degli interventi piu’ spesso eseguiti fin dall’antichita’.
Attualmente le indicazioni per l’amputazione sono ancora numerose (traumi, cancrene, vasculopatie, artrosi deformanti, osteomieliti, tumori ecc.), ma la tecnica chirurgica si e’ andata evolvendo in senso conservativo, limitando cioe’, quanto possibile, le indicazioni e l’ampiezza dell’amputazione, e cercando di offrire alla protesi un moncone residuo quanto piu’ valido e funzionale.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANAEROBIO"
SCHEDA “ANAEROBIO”
(o anaerobionte), organismo che vive in assenza di ossigeno libero (anaerobiosi).
Vivono in anaerobiosi alcuni tipi di batteri, di funghi, di protozoi, di parassiti intestinali (per esempio, tenia e ascaride).
Una parte di cellule tumorali e, per un tempo limitato, anche le cellule normali sono in grado di sopravvivere in anaerobiosi.
Si definiscono anaerobi obbligati quegli organismi che non tollerano l’ossigeno (in tal caso il loro ricambio energetico e’ di tipo fermentativo), e anaerobi facoltativi gli organismi che possono vivere in assenza o presenza di ossigeno con ricambio energetico rispettivamente fermentativo o ossidativo.
La classificazione dei batteri in anaerobi obbligati e facoltativi individua classi differenti con diversa sensibilita’ agli antibiotici.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANALGESICO"
SCHEDA “ANALGESICO”
ANALGESICO: definizioni.
Sostanza che provoca la perdita della sensibilita’ dolorifica senza modificare lo stato di coscienza.
Analgesico e’ un farmaco ad azione antidolorifica.
Gli analgesici si suddividono in antipiretici e stupefacenti.
Gli antipiretici abbinano l’azione analgesica ad un’azione antifebbrile ed agiscono sui centri termoregolatori e su quelli che controllano le percezioni del dolore.
Gli stupefacenti, invece, oltre ad agire come analgesici, inducono sonno e provocano dipendenza fisica e psichica, poiche’ agiscono centralmente sul cervello.
A questo gruppo appartengono la morfina, l’oppio, il metadone, ecc.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA “ANAMNESI (Valutazione)”
Definizione di anamnesi.
Indagine effettuata dal medico attraverso l’interrogatorio del paziente o dei suoi familiari, allo scopo di raccogliere dati e notizie che possano essere utili per la diagnosi.
L’anamnesi patologica prossima riguarda sintomi e manifestazioni della malattia eventualmente in atto.
L’anamnesi patologica remota riguarda affezioni sofferte in passato.
L’anamnesi fisiologica riguarda notizie riguardanti le varie fasi dello sviluppo somatico e psichico, le abitudini di vita e alimentari, l’attivita’ lavorativa ecc.
L’anamnesi costituisce una fase fondamentale dell’indagine diagnostica da essa possono infatti scaturire elementi sufficienti di per se’ soli per una diagnosi esatta.
L’anamnesi familiare e’ particolarmente importante per le malattie a carattere ereditario, che spesso si manifestano in piu’ membri dello stesso gruppo familiare o che vengono trasmesse in modo caratteristico.
L’anamnesi è molto più che una semplice lista di sintomi; è sì la storia della malattia con i fatti di importanza medica della vita del paziente, ma anche come la persona vive soggettivamente l’accadimento patologico.
E’ proprio durante l’anamnesi che il medico attua da un lato una raccolta informativa di dati preziosi riguardo l’insorgenza, i tempi, i modi, l’evoluzione di una malattia, dall’altro invece, una relazione con il paziente che via via andrà sempre più approfondendosi ed arricchendosi di stima e fiducia reciproca.
E’ importante che il medico effettui ogni sforzo per porre il paziente a suo agio indipendentemente dalle circostanze dell’incontro.
Il paziente dovrebbe, durante questa fase, avere la possibilità di raccontare liberamente la propria versione della malattia, senza frequenti interruzioni e, quando lo si consideri opportuno, ricevere in cambio espressioni di interesse, incoraggiamento
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANEMIA"
SCHEDA “ANEMIA”
Definizione di anemia.
L’anemia e’ sicuramente la patologia maggiormente connessa con le analisi del sangue.
Basta un emocromo (l’esame piu’ semplice che conta la parte corpuscolata del sangue) per rilevare un quadro anemico.
Definire esattamente il tipo di anemia puo’ essere invece estremamente complesso.
Contrariamente alla credenza comune, l’anemia non si definisce a partire dal numero dei globuli rossi (che in alcuni casi, policitemie, puo’ anche essere elevato), ma dal contenuto di emoglobina del sangue.
L’emoglobina e’ una proteina fondamentale, in grado di legare l’ossigeno e cederlo ai tessuti.
Si parla di anemia quando i valori di emoglobina sono al di sotto di 13 g/dl nell’uomo e di 12 g/dl nella donna.
L’eritropoiesi
Per capire meglio perche’ esistono vari tipi di anemia e’ fondamentale conoscere, almeno a grandi linee, l’eritropoiesi, cioe’ la produzione dei globuli rossi (eritrociti).
L’eritropoiesi e’ regolata da una glicoproteina, l’eritropoietina, che e’ sensibile al livello di ipossia (carenza di ossigeno) dei tessuti; quando alcune cellule specializzate del rene rilevano una carenza di ossigeno, aumenta la secrezione di eritropoietina che a sua volta aumenta la divisione cellulare che da’ origine a globuli rossi finiti e aumenta la sintesi dell’emoglobina.
E’ importante notare che il meccanismo di formazione di globuli rossi e’ formato da stadi, caratterizzati da fattori di crescita e dalle numerose sostanze che intervengono (le piu’ conosciute sono il ferro, l’acido folico e la vitamina B12).
Una qualunque alterazione del processo di formazione puo’ produrre anemia.
In generale il mantenimento dei valori normali di globuli rossi e di emoglobina si basa su un equilibrio dinamico fra produzione e distruzione degli eritrociti, a sua volta influenzato da:
– ambiente midollare adatto (il midollo osseo e’ il principale organo emopoietico)
– normalita’ delle cellule staminali e dei progenitori dei globuli rossi
– normalita’ dei processi di proliferazione cellulare e di sintesi dell’emoglobina
– normalita’ dei processi di distruzione.
La metafora della casa
Con una descrizione meno scientifica, ma piu’ concreta, per capire come funziona l’eritropoiesi si puo’ usare la metafora della casa: i globuli rossi sono le varie parti di una casa in costruzione; vengono costruiti su comando di un capocantiere (eritropoietina) usando mattoni (ferro, acido folico, vitamina B12 ecc.) di solito facilmente reperibili.
I mattoni sono un po’ nel cantiere (depositi di ferro nel fegato) e un po’ dal fornitore dell’impresa (i cibi che mangiamo).
Alcuni eventi (come i microtraumi associati all’attivita’ sportiva prolungata, le mestruazioni nella donna, sanguinamenti ecc.) rappresentano il maltempo che puo’ rovinare una parte della casa gia’ costruita.
Dalla metafora risulta chiaro che se i muratori lavorano male ci possono essere problemi notevoli, non basta cioe’ avere un buon capocantiere e i materiali.
Le situazioni in cui i muratori sono pochi, lavorano male o troppo lentamente sono rappresentate dalle anemie patologiche (sono decine) che per fortuna riguardano una percentuale minima di soggetti.
E’ anche ovvio che una banale integrazione di ferro non risolve il problema, perche’, la mancanza di ferro (anemia sideropenica) e’ solo una delle tante possibilita’.
Molti sono i parametri che devono essere tenuti in considerazione per una diagnosi esatta; di seguito citiamo solo i principali:
– numero dei globuli rossi
– volume globulare medio (MCV)
– distribuzione d’ampiezza dei globuli rossi (RDW)
– sideremia (concentrazione di ferro nel sangue)
– ferritinemia (i depositi di ferro dell’organismo)
– transferrinemia (trasferimento del ferro;
la transferrina e’ una proteina che trasporta il ferro dall’intestino agli organi che lo utilizzano o lo immagazzinano).
Immaginiamo la sideremia come i mattoni presenti nel cantiere, la ferritina come quelli presenti dal fornitore dell’impresa che sta costruendo la casa e la transferrina come i camion che portano i mattoni dal fornitore al cantiere.
L’errore comune nella terapie e’ quello si pensare di curare un’anemia semplicemente somministrando ferro.
Esistono moltissimi sportivi che assumono regolarmente ferro, vivendo nel terrore di diventare anemici.
Il ragionamento semplicistico e’ il seguente: “tanto male non fa”.
In realta’ un’assunzione eccessiva di ferro puo’ produrre gravi danni al fegato, dove il ferro in eccesso viene immagazzinato, arrivando a una vera e propria patologia (emocromatosi secondaria).
E’ importante percio’ capire quando si deve assumere ferro.
Per farlo ricorriamo ancora alla nostra metafora della casa: dobbiamo chiederci se i mattoni sono sufficienti (se si’, e’ inutile farne arrivare altri ingurgitando ferro), se il nostro fornitore ne ha da consegnarci e se puo’ farlo.
Se la sideremia e’ bassa (inferiore a 70 ng/dl) e’ ovvio che i muratori non possono soddisfare l’ordine di costruzione dato dal capocantiere (eritropoietina) perche’ mancano i mattoni.
In questo caso si deve valutare se il fornitore ha mattoni da vendere all’impresa (ferritina almeno a 50 ng/ml).
Se li ha, bisogna chiedersi perche’ non li ha consegnati.
Se si verifica che i camion sono fermi (transferrina inferiore a 200 mg/dl) si comprende che e’ impossibile che i mattoni arrivino, pur essendo presenti dal fornitore.
Se invece il fornitore non ha mattoni da consegnare, allora conviene cambiare fornitore.
In questo caso i mattoni (ferro) si prendono da un altro fornitore, non l’alimentazione, ma l’integrazione.
Pertanto un’integrazione con ferro e’ ragionevole solo se: la sideremia e’ < 70 ng/dl la ferritina < 50 ng/dl la transferrina normale (> 200 mg/dl)
Nel caso ci fossero problemi con la transferrina e’ inutile assumere ferro che non arriverebbe mai a destinazione.
Meglio indagare il problema con uno specialista.
Gli altri mattoni Acido folico e vitamina B12 sono gli altri mattoni necessari.
Di solito basta un’alimentazione corretta o al piu’ un’integrazione con un multivitaminico per garantire la quantita’ di cui si ha bisogno.
A differenza del ferro, per fortuna sono vitamine che hanno altissimi sovradosaggi, cioe’ un’eventuale iperassunzione non crea particolari problemi (se non in soggetti ipersensibili alle sostanze).
In ogni caso in presenza di un’anemia di difficile spiegazione sicuramente lo specialista fara’ effettuare gli opportuni esami per evidenziare carenze.
Negli alcolisti si riscontra spesso un deficit di folati a causa di una dieta inadeguata, un malassorbimento e una riduzione delle scorte epatiche.
Inoltre l’assunzione di alcol modifica la transferrina a tal punto che l’esame migliore che si sta affermando per la determinazione del grado di intossicazione alcolica e’ la CDT, la transferrina carboidrato carente.
Infatti la transferrina umana si presenta in diverse forme.
Mentre in soggetti normali predomina la isoforma tetrasialo, e’ stato dimostrato che nel siero di individui assuntori abituali di elevate quantita’ di alcol etilico le isoforme carboidrato carenti sono presenti in livelli elevati.
Cio’ dovrebbe far meditare gli sportivi che assumono quantita’ di alcol non minimali tramite vino o birra o altri alcolici.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANEURISMA"
SCHEDA “ANEURISMA”
ANEURISMA: Dilatazione della parete di un’arteria, una vena o del cuore.
Gli aneurismi arteriosi si manifestano come dilatazioni pulsanti del vaso, legate in genere a un processo di arteriosclerosi e, piu’ di rado, un’infezione luetica, che alterano la parete arteriosa, specialmente in corrispondenza della tunica media.
Esistono anche forme (che riguardano soprattutto le arterie cerebrali) dovute a una debolezza costituzionale della parete arteriosa.
Il meccanismo di formazione dell’aneurisma e’ legato alla pressione del sangue all’interno delle arterie che, premendo sul punto debole della parete, ne determina lo sfiancamento.
In base alla forma gli aneurismi si distinguono in: sacciformi, fusiformi, cilindrici, navicolari e dissecanti (allorche’ il sangue si infiltra tra i vari strati della parete arteriosa).
Le localizzazioni piu’ frequenti sono a livello dell’aorta, specie nel tratto addominale seguono le arterie cerebrali, le arterie degli arti, le arterie viscerali.
La sintomatologia della patologia dipende dal distretto colpito.
La presenza dell’aneurisma puo’ non essere avvertita dal paziente per lungo tempo e rendersi evidente solo con qualche sua complicazione:
– rottura,
– partenza di emboli,
– coagulazione in massa del sangue entro l’aneurisma con blocco della circolazione.
La diagnosi si basa sull’evidenza della dilatazione aneurismatica alle diverse indagini strumentali (ecografia, TC, radiografia con mezzo di contrasto etc.).
La terapia e’ chirurgica e consiste sostanzialmente nell’identificazione del tratto aneurismatico e, laddove possibile, nella sua rimozione ristabilendo la continuita’ vasale.
Aneurisma ventricolare:
Distensione localizzata della parete cardiaca a livello del ventricolo, quasi a formare una tasca.
Dal punto di vista funzionale interferisce con la normale contrattilita’ del miocardio, spesso conducendo a condizioni di scompenso cardiaco.
La diagnosi, sospettabile all’ECG, e’ confermata dall’ecocardiografia.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA " ANEURISMA VENTRICOLARE "
SCHEDA ” ANEURISMA VENTRICOLARE “
Definizione di : ANEURISMA VENTRICOLARE
La dilatazione localizzata della parete cardiaca nel ventricolo forma una sorta di tasca.
In genere rappresenta la complicazione di un infarto miocardico acuto.
L’aneurisma ventricolare comporta conseguenze molto gravi: la sua stessa presenza riduce la contrattilità (capacita’ di pompare il sangue) cardiaca globale e predispone all’insorgenza di uno scompenso cardiaco.
In presenza di aneurisma ventricolare è più probabile che si verifichino aritmie ventricolari, che possono mettere in pericolo la vita del soggetto.
All’interno dell’aneurisma ventricolare si formano più facilmente trombi parietali, che possono rappresentare il punto di partenza di emboli.
L’aneurisma ventricolare è caratterizzato da segni elettrocardiografici peculiari e facilmente riconoscibili, tuttavia per maggior certezza nella diagnosi ci si avvale dell’ecocardiografia.
(Testo desunto da “Sapere.it”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA: " ANGINA PECTORIS ".
SCHEDA: ” ANGINA PECTORIS “.
Il termine Angina Pectoris deriva dal latino Angina=dolore e Pectoris=petto.
Si tratta, in effetti, di una sindrome caratterizzata da dolore in regione retrosternale, talvolta irradiato al lato ulnare del braccio sinistro e alle spalle.
Il senso di costrizione al petto e’ causato dalla temporanea diminuzione del flusso di sangue alle cellule del cuore (ischemia miocardica transitoria).
La reversibilita’ di questa condizione differenzia l’angina (o angor, che in latino significa soffocamento) dall’infarto, evento ben piu’ grave che si associa a necrosi (morte) di una parte piu’ o meno estesa del cuore.
Il sangue e’ vita dato che esso trasporta ossigeno e nutrienti cedendoli alle cellule e caricandosi di prodotti di rifiuto.
Quando il sangue scarseggia i tessuti soffrono ed accumulano metaboliti tossici.
Tale condizione viene captata dai chemocettori cardiaci e da qui inviata al sistema nervoso centrale che per via riflessa scatena la sensazione dolorifica.
Il cuore e’ infatti privo di terminazioni nervose sensitive.
L’apporto di sangue al miocardio puo’ diventare insufficiente rispetto alle necessita’ del cuore stesso gia’ in condizioni di riposo oppure durante uno sforzo fisico (salire le scale, sollevare e trasportare un oggetto, pesante ecc.)
Anche stress ed arrabbiature in genere possono causare la comparsa della malattia.
L’angina pectoris e’ un quadro clinico caratterizzato dalla comparsa di dolore conseguente ad ischemia miocardica secondaria, per la maggior parte, ad aterosclerosi coronarica
Classificazione
ANGINA STABILE O DA SFORZO: sindrome CRONICA che si manifesta piu’ frequentemente come angina da sforzo, da freddo o da stress.
E’ la forma PIU’ DIFFUSA della malattia e per questo viene denominata anche angina pectoris tipica.
Insorge generalmente durante sforzi fisici ed in generale in tutte quelle situazione che richiedono un maggiore afflusso di sangue al cuore.
In questi casi la gravita’ della sintomatologia e’ COSTANTE e non peggiora significativamente con il trascorrere dei mesi.
Oltre a rappresentare la forma piu’ diffusa, l’angina stabile o da sforzo e’ anche la meno grave, dato che gli episodi acuti sono prevedibili in frequenza ed intensita’ e per questo motivo curabili tramite specifici medicinali in grado di prevenire o far cessare l’attacco.
ANGINA INSTABILE
Comprende diverse forme di angina pectoris accomunate fra loro dalla instabilita’ del quadro clinico.
Le due caratteristiche piu’ importanti di questa forma di angina sono la recente insorgenza (<1 mese) e l’ingravescenza, ovvero l’aggravamento in durata ed intensita’ degli episodi anginosi.
Con il passare del tempo gli attacchi si manifestano anche per sforzi fisici di modesta entita’ (riduzione della soglia ischemica), fino a comparire gia’ in condizioni di assoluto riposo.
In questo caso il controllo terapeutico e’ difficile dato che il paziente stesso si trova impreparato ad affrontare l’attacco anginoso.
Tra le due forme l’angina instabile e’ la piu’ pericolosa e si colloca come gravita’ tra la forma stabile e l’infarto miocardico (incidenza di IMA nel 2% – 15% dei casi).
L’angina instabile a sua volta si divide in due sottospecie: l’ischemia silente e l’angina variante di prinzmetal.
ANGINA O ISCHEMIA SILENTE .
E’ una condizione transitoria in cui si verifica una discrepanza tra il consumo e l’apporto di ossigeno al miocardico.
A differenza delle altre forme di angina l’ischemia silente si caratterizza per l’assenza di sintomi e quindi di dolore (da cui il nome silente=silenziosa).
Tale condizione, tipica dei diabetici e di chi ha gia’ sofferto in passato di ischemie o di infarto miocardico, puo’ pertanto essere diagnosticata soltanto da esami specifici.
Non si sono ancora stabilite con certezza le reali cause di assenza del dolore anche se probabilmente sono in stretta relazione con un aumento nella sintesi e secrezione di endorfine (antidolorifici endogeni) da parte del sistema nervoso centrale.
Anche lo stesso infarto, come l’angina silente, in circa il 15% dei casi non e’ doloroso.
ANGINA PECTORIS VARIANTE O DI PRINZMETAL:
Si tratta di un quadro clinico piuttosto raro caratterizzato da comparsa di angina a riposo e non durante sforzi fisici impegnativi.
Solitamente l’attacco anginoso tende a manifestarsi sempre alla stessa ora del giorno, spesso alla notte.
L’angina pectoris variante e’ causata dall’eccessivo spasmo (contrazione restringimento) delle arterie coronarie che in molti casi sono prive di placche arteriosclerotiche.
SINDROME X o angina microvascolare:
si tratta di una sindrome anginosa caratterizzata da episodi di ischemia miocardica in assenza di lesioni aterosclerotiche.
Anche in questo caso vi e’ una disfunzione che causa un eccessivo spasmo (costrizione) delle arterie coronarie per alterazione del normale meccanismo di regolazione tra vasocostrizione e vasodilatazione.
Il rischio che l’angina si evolva in eventi cardiaci piu’ gravi e’ in questo caso molto basso.
ANGINA FUNZIONALE:
raggruppa tutte quelle situazioni in cui l’angina non e’ causata da un problema alle coronarie ma da altre malattie che impediscono al cuore di ricevere le giuste quantita’ di sangue.
In questo gruppo di patologie rientrano la stenosi e l’insufficienza aortica, la stenosi mitralica, l’anemia grave, l’ipertiroidismo e le gravi aritmie.
Rientra in questa forma anche l’angina vasospastica, favorita dall’abuso di cocaina.
Ogni singolo attacco anginoso viene in genere classificato in base alla sua:
LOCALIZZAZIONE:
tipicamente riferito alla regione retro-sternale medio-superiore, puo’ in alcuni casi interessare tutta l’area toracica e irradiarsi a collo, mandibola, arto superiore di sinistra, dita delle mani e spalle.
QUALITA‘:
oppressivo, costrittivo, urente o soffocante variabile da lieve a severo in genere non modificabile con atti respiratori e variazione della posizione.
DURATA:
da pochi secondi a 15 minuti; se i dolori di tipo anginoso superano i 20-30 minuti probabilmente si tratta di un infarto miocardico.
FREQUENZA:
sporadiche, regolari, irregolari, frequenti
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANISOCORIA"
SCHEDA “ANISOCORIA”
Definizione:
L’anisocoria e’ una disuguaglianza nelle dimensioni delle pupille.La pupilla e’ la parte nera nel centro dell’occhio attraverso la quale passa la luce.
Occasionalmente, un bambino nasce con le pupille di diverse dimensioni senza alcun disordine di base.
Se gli altri membri della famiglia hanno questa condizione, la causa e’ genetica e non e’ nulla di cui preoccuparsi.
A volte, per motivi sconosciuti, le pupille possono differire senza altri sintomi, ma ritornare alla normalita’ da sole.
In quel caso si dice che la condizione e’ temporanea e non preoccupante. La disparita’ nelle dimensioni delle pupille si puo’ sviluppare anche piu’ tardi nella vita.
CAUSE:
L’uso di collirio e’ una causa comune di un innocuo cambiamento nelle dimensioni delle pupille.
Altri farmaci che vengono a contatto con gli occhi, compresi gli inalatori per l’asma, possono cambiare le dimensioni delle pupille.
Altre cause possono comprendere:
Sanguinamento all’interno del cranio causato da un trauma cranico;
Tumore o ascesso al cervello;
Infezione delle membrane intorno al cervello causata da meningite o encefalite;
Aneurisma;
Eccesso di pressione in uno degli occhi causato dal glaucoma;
Tumori nel torace o pressione al linfonodo che puo’ essere accompagnata da una riduzione della sudorazione, con una o entrambe le palpebre pendenti sul lato colpito.
TERAPIA:
Il trattamento dipende dalla causa.
Si consiglia di consultare un medico se si hanno sbalzi di dimensioni delle pupille, se il problema e’ persistente, inspiegabile o improvviso.
Se si subisce un trauma cranico o agli occhi, consultare un medico immediatamente.
Richiedere immediatamente assistenza medica.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANNEGAMENTO"
SCHEDA “ANNEGAMENTO”
Volendo dare una definizione di tale evento, possiamo dire che l’annegamento si verifica per l’ostruzione delle vie aeree da parte di un qualsiasi liquido e non è obbligatorio che il corpo sia immerso nel liquido.
Infatti per annegare basta anche solo l’immersione degli orifizi respiratori: se ad esempio, una persona sviene e cade a faccia in giù in un sottile strato di liquido, rischia l’annegamento.
Lo stesso può verificarsi se una persona è incosciente e vomita (soccorso di un soggetto in mare privo di coscienza) quindi è necessario che il vomito possa defluire e ciò è possibile se l’infortunato viene posto in posizione laterale di sicurezza
E’ molto importante differenziare l’annegamento in acqua dolce da quello in acqua salata.
Nel primo caso, l’acqua dolce essendo ipotonica rispetto al sangue, viene rapidamente assorbita dal sistema dei capillari alveolari polmonari penetrando immediatamente nel torrente circolatorio sistemico, fino al raddoppio del volume totale del sangue.
Ciò determina un quadro di ipervolemia (diminuzione della parte liquida del sangue), emodiluizione, emolisi (distruzione dei globuli rossi), iperpotassiemia (inseguito all’emolisi) e anemia.
Altre condizioni disastrose per le cellule miocardiche, che provocano un quadro di fibrillazione ventricolare pochi minuti dopo l’immersione a cui fa seguito il rapido arresto del cuore sono: l’instaurarsi dell?anossia (mancanza di ossigeno), lo squilibrio plasmatico e l’eccesso di potassio.
Quando invece si verifica l’annegamento in acqua salata il discorso cambia completamente.
L’acqua di mare, che è ipertonica, provoca un meccanismo inverso al precedente provocando il passaggio di plasma e di proteine dai capillari sanguigni verso gli alveoli.
Ciò provoca ipovolemia, anossia, emoconcentrazione in assenza di emolisi e quindi senza alterazioni della potassiemia, per cui non avremo più il quadro della fibrillazione ventricolare, ma una graduale diminuzione della forza contrattile cardiaca con collasso cardiovascolare e asistolia irreversibile.
Ma vediamo ora i vari meccanismi per i quali può verificarsi l?annegamento se non si interviene tempestivamente.
Il soggetto che cade in acqua o si rende conto che sta per annegare effettua un unico atto inspiratorio riflesso che prende il nome di FASE di SORPRESA.
Successivamente, alle prime boccate d’acqua, per via riflessa avviene lo spasmo serrato della glottide che impedisce la penetrazione di altra acqua nei polmoni ma anche dell’aria.
Questa fase di apnea prende il nome di FASE della RESISTENZA durante la quale l’individuo si agita e cerca di riemergere: la durata è di circa 1 minuto.
Successivamente si entra nella FASE della DISPNEA RESPIRATORIA.
In questa fase quando non è più possibile trattenere il respiro per l’ipercapnia sopraggiunta, si ha il rilascio della glottide ed iniziano respiri forzati, affannosi anche sott’acqua, anche in questo caso il tempo in cui si svolge il tutto e di circa un minuto.
L’acqua a questo punto entra liberamente nei polmoni e nello stomaco.
La penultima fase è la FASE APNOICA: si ha perdita di coscienza, abolizione dei riflessi e coma profondo con arresto del respiro.
In ultimo avremo la FASE TERMINALE con boccheggiamento ed arresto cardiaco.
La durata complessiva dell?annegamento varia, se questo avviene in acqua dolce o salata infatti la durata è di 3-5 minuti nell’annegamento in acqua dolce e di 6-7 minuti nell’annegamento in acqua di mare.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA "ANOSSIA"
SCHEDA “ANOSSIA”
Definizione:
Diminuzione della disponibilita’ di ossigeno al di sotto dei livelli fisiologici, con conseguente sofferenza delle cellule e dei tessuti.
Si possono distinguere diverse varieta’ di anossia: anossica, anemica, da stasi, istotossica.
L’anossia anossica e’ provocata da diminuzione della tensione di ossigeno nel sangue arterioso, per cui l’emoglobina non e’ satura di ossigeno come di norma.
Si manifesta quando l’organismo viene sottoposto a depressione barometrica (ascensione in montagna, volo in quota, prove in camera a depressione) o anche per avvelenamento da gas e per scompenso cardiaco con edema polmonare.
Compare inoltre in tutti i casi in cui e’ presente un’alterazione dell’epitelio alveolare polmonare, in seguito a broncopolmonite, polmonite lobare, asma, collasso polmonare, enfisema, stenosi tracheale e bronchiale, condizioni nelle quali viene ostacolato il passaggio dell’ossigeno dagli alveoli polmonari nel sangue.
L’anossia anossica e’ pure presente in alcune anomalie del cuore e dei vasi sanguigni, per esempio in alcune cardiopatie congenite.
Nell’anossia anemica la tensione di ossigeno nel sangue arterioso e’ normale, ma la quantita’ di emoglobina funzionalmente attiva e’ troppo modesta.
L’anossia anemica e’ provocata da carenza di emoglobina e compare nelle anemie gravi, oppure e’ dovuta alla presenza di emoglobina anomala o alterata, come avviene per esempio nelle emoglobinopatie e nell’intossicazione da nitriti, da sulfamidici o da ossido di carbonio.
L’anossia da stasi si instaura allorche’ il sangue arterioso, a tensione e a contenuto di ossigeno normali, non viene fornito ai tessuti in quantita’ sufficiente a causa di un rallentamento del circolo, come nello scompenso cardiaco o nell’ostacolo al ritorno venoso per emorragia o per shock.
Nell’anossia istotossica, indotta da sostanze come il cianuro e i narcotici, le cellule dei tessuti non possono utilizzare in modo efficiente l’ossigeno che viene a esse fornito per alterazioni o distruzione dei loro sistemi enzimatici ossidoriduttivi.
L’anossia esercita effetti dannosi su diversi sistemi e apparati e quando insorge rapidamente o e’ molto intensa determina perdita di coscienza.
La sintomatologia dell’anossia acuta grave comprende cefalea, depressione, apatia e sonnolenza oppure eccitazione e perdita dell’autocontrollo, alterata percezione, attenuata sensibilita’ al dolore, astenia muscolare, facile esauribilita’ fisica e paralisi agli arti, perdita di coscienza fino, se non trattata tempestivamente, al coma e al decesso.
Il trattamento, oltre a essere mirato sulla causa che ha determinato l’anossia, si avvale dell’ossigenoterapia.
In alcune circostanze questa puo’ essere effettuata anche mediante camera iperbarica, come nei casi di intossicazione da monossido di carbonio, di una certa entita’.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANTALGICO"
SCHEDA ” ANTALGICO “
Definizione di : ANTALGICO
FARMACOLOGIA
Un medicamento, detto anche antinevralgico, che riduce la sensibilità al dolore, pur non appartenendo al gruppo dei narcotici viene chiamato “antalgico”.
L’azione degli antalgici è meno duratura e intensa di quella degli analgesici.
I più importanti appartengono ai gruppi contenenti salicilici, pirazolonici, fenetidinici.
MEDICINA È detta atteggiamento antalgico la posizione assunta, con meccanismo riflesso, nel corso di affezioni dolorose (nevriti, artropatie), che ha per effetto la mitigazione dei dolori spontanei; nelle neurodociti, per es., l’incurvamento della colonna vertebrale verso il lato sano produce sollievo perché, determinando l’allargamento dei fori di coniugazione intervertebrali, diminuisce la pressione sui tronchi nervosi che li attraversano.
(Testo desunto da “Enciclpedia Treccani”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ANTIBIOTICO "
SCHEDA ” ANTIBIOTICO “
Originariamente si definiva antibiotico una sostanza di origine naturale prodotta da un microrganismo, capace di ucciderne un altro.
Il significato della parola (dal greco) e’ “contro la vita.”
Il termine nell’uso comune attuale indica un farmaco, di origine naturale o di sintesi, in grado di rallentare o fermare la proliferazione dei batteri.
Si distinguono pertanto in batteriostatici (che bloccano la riproduzione del batterio, impedendone la scissione) e battericidi (che uccidono il microrganismo).
Non hanno effetto contro i virus, i funghi e i parassiti.
L’uso di muffe e piante particolari nella cura delle infezioni era gia’ noto in molte culture antiche: greca, egiziana, cinese, e la sua efficacia e’ dovuta alle sostanze antibiotiche prodotte dalla specie vegetale o dalla muffa; non si aveva pero’ la possibilita’ di distinguere la componente effettivamente attiva, ne’ di isolarla.
Le ricerche moderne iniziano con la scoperta casuale della penicillina nel 1928 da parte di Alexander Fleming.
Oltre dieci anni dopo Ernst Chain e Howard Walter Florey riuscirono ad ottenerla in forma pura.
I tre per questo conseguirono il premio Nobel per la medicina nel 1945. Poiche’ gli antibiotici non agiscono su una sola struttura batterica, si distinguono a seconda che agiscano:
* attaccando la parete cellulare batterica: penicilline, cefalosporine, monobattami, carbapenemi, bacitracina, vancomicina e cicloserina;
* attaccando la membrana citoplasmatica del batterio: polimixine;
* interferendo con la sintesi degli acidi nucleici: chinoloni, rifampicina, nitrofurantoina, nitroimidazoli;
* interferendo con la sintesi proteica: aminoglicosidi, tetracicline, cloramfenicolo, macrolidi, spectinomicina, mupirocina;
* interferendo col metabolismo energetico: sulfamidici, trimetoprim, dapsone, isoniazide.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANTICORPO"
SCHEDA “ANTICORPO”
Sono proteine presenti nel sangue e negli altri liquidi del corpo che sono prodotte da un tipo di globuli bianchi (i linfociti B) per difendere l’organismo umano da agenti infettivi come virus, batteri e parassiti.Si chiamano anche immunoglobuline (Ig), ne esistono di diversi tipi indicati con una lettera dell’alfabeto (IgM, IgG, IgA IgE, IgD).
Gli anticorpi riconoscono e si legano a particolari molecole presenti negli agenti infettivi che vengono chiamate antigeni.
Tuttavia nel caso delle IgE, mentre la loro funzione fisiologica � di combattere i parassiti, in alcuni soggetti particolarmente suscettibili, chiamati atopici, possono essere rivolti verso i comuni aeroallergeni e causare crisi asmatiche.
Agiscono legandosi a recettori di membrana distribuiti su alcuni tipi di globuli bianchi (mastociti e granulociti basofili) ed attraverso questo legame possono liberare mediatori pro-infiammatori L’alimentazione e’ importante per anticorpi piu’ forti; per esempio con i broccoli e piu’ in generale con le crucifere diventerebbe ancora piu’ efficiente.
A sostenerlo una ricerca inglese del Babraham Institute di Cambridge, che dice che i broccoli, come le rape e i cavoli, sarebbero dotati di una molecola in grado di stimolare i linfociti epiteliali e cioe’ gli anticorpi della pelle.
Il sistema immunitario quindi risulterebbe rinforzato all’inserimento nell’alimentazione di questi ortaggi
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANTIGENE"
SCHEDA “ANTIGENE”
Definizione:
Sostanza che, introdotta nell’organismo, e’ in grado di indurre la produzione di anticorpi e di reagire con essi.
Gli antigeni sono generalmente sostanze estranee all’organismo (batteri, virus, molecole presenti sui globuli rossi di altri individui, farmaci ecc.).
E’ possibile pero’ che anche costituenti propri dell’organismo funzionino da antigeni (si parla di autoantigeni), con conseguente produzione di autoanticorpi, meccanismo che sta alla base di molte malattie autoimmuni.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA ANTIFLOGISTICO
SCHEDA ANTIFLOGISTICO
Si definisce antiflogistico qualsiasi medicamento che riduce o elimina l’infiammazione.
La flogosi o infiammazione e’ l’insieme di modificazioni che si verificano in un determinato distretto dell’organismo colpito da un danno.
Il danno puo’ essere provocato da: agenti fisici, agenti chimici, agenti tossici ed infine da agenti di natura biologica.
La sintomatologia dell’infiammazione e’ caratterizzata da calore, gonfiore, dolore, arrossamento e compromissione della zona colpita.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA ANTIFLOGISTICO
“SCHEDA ANTIPIRETICO”
Si definisce antipiretico qualsiasi principio attivo capace di ridurre la temperatura corporea durante gli stati febbrili.
Ricordiamo che la febbre e’ una condizione fisiopatologica caratterizzata da un abnorme incremento della temperatura corporea, indipendente da eventuali mutamenti delle condizioni climatiche esterne.
La febbre e’ interpretabile come un sistema adattativo innescato dall’organismo per ridurre la moltiplicazione microbica e stimolare la risposta immunitaria.
Classificazione
Valore in °C
sub – febbrile 37 – 37,4
febbricola 37,5 – 37,9
febbre moderata 38 – 38,9
febbre elevata 39 – 39,9
iperpiressia >40
Anche per questo motivo, gli antipiretici devono essere utilizzati con criterio, riservandone l’assunzione ai casi di reale necessita’.
In genere, l’abuso o il cattivo utilizzo di farmaci antipiretici puo’ scatenare reazioni allergiche, causare problemi a livello gastrico o epatico, occultare una sintomatologia poco chiara e soffocare un meccanismo comunque utile per diminuire la virulenza di certi patogeni e stimolare la risposta immunologica.
In genere, l’utilizzo di antipiretici e’ consigliato quando la temperatura corporea supera i 39-40 °C, affiancandolo eventualmente a mezzi fisici: le spugnature con acqua fredda, per esempio, hanno dimostrato una discreta attivita’ antipiretica.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ANTISEPSI"
“SCHEDA ANTISEPSI”
Complesso delle operazioni da effettuare (soprattutto in campo chirurgico) per impedire o rallentare lo sviluppo di microrganismi patogeni che direttamente o indirettamente possono produrre infezione nell’organismo umano.
L’antisepsi chirurgica e’ stata in gran parte sostituita dalla asepsi mediante sterilizzazione a vapore, a partire dal 1886.
La definizione di antisepsi e’ stata oggetto di discussioni tra chirurghi, che ne avevano un concetto estensivo, e igienisti, che ne hanno ristretto il significato in modo da distinguerla dalla disinfezione.
L’attuale concetto medico e’ largo e comprende sia l’azione sui germi, sia l’azione associata alle difese organiche, finalizzate entrambe ad impedire che nell’organismo umano i microorganismi raggiungano cariche tali da non poter essere piu’ distrutti dalle difese naturali.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA " ANTISETTICO "
SCHEDA ” ANTISETTICO “
- Alcoli: fenoli, alcol etilico (etanolo), alcol isopropilico (isopropanolo) soluzioni al 70%
- Perossidi: acqua ossigenata (perossido di idrogeno), benzoil perossido
- Derivati alogenati: cloro cresolo, triclosan
- Diguanidi: clorexidina gluconato o acetato
- Chinoloni: dequalinio cloruro, idrossichinolina cloridrato
- Derivati quaternari d’ammonio: benzalconio cloruro, cetrimide, benzetonio cloruro, cetilpiridinio cloruro.
SCHEDA " ANURIA ".
SCHEDA ” ANURIA “.
Essa viene definita clinicamente come una diuresi giornaliera inferiore a 75 ml, l’anuria indica:
- a) l’ostruzione della via urinaria
- b) l’insufficienza renale acuta dovute a diverse cause
- c) una condizione di grave shock ipotensivo o di shock cariogeno
- d) una condizione di disidrazione severa, evenienza assai frequente nel paziente anziano, con riflesso torpido della sete, specie se istituzionalizzato.
Poiché l’entità della diuresi è facilmente misurabile, l’anuria rimane raramente misconosciuta.
Tuttavia, senza un trattamento immediato, può rapidamente causare uremia e altre complicanze della ritenzione urinaria.
Essa può essere classificata in:
PRINCIPALI CAUSE DI INSUFFICIENZA RENALE ACUTA
CAUSE PRERENALI
- Riduzione della gittata cardiaca
- Ipovolemia
- Vasodilatazione periferica
- Ostruzione nefrovascolare
- Vasocostrizione grave
CAUSE INTRARENALI
- Necrosi tubulare acuta
- Necrosi corticale
- Glomerulonefrite
- Necrosi papillare
- Occlusione nefrovascolare
- Vasculite
CAUSE POSTRENALI
- Ostruzione vescicale
- Ostruzione ureterale
- Ostruzione uretrale
Interventi urgenti
“Anuria”
In primis occorre valutare l’idratazione del paziente e la sua pressione arteriosa.
Dopo aver identificato la presenza dell’ dell’anuria, la priorità è quella di stabilire se c’è produzione di urina per poi intervenire in modo adeguato.
Si deve cateterizzare il paziente per eliminare l’ostruzione delle vie urinarie inferiori e per controllare il residuo urinario.
Si può così scoprire che un’ostruzione ostacola il posizionamento del catetere e che le urine sono torbide e maleodoranti.
Se si raccolgono più di 75 mi di urina, si deve sospettare l’ostruzione delle vie urinarie inferiori; se ci sono meno di 75 ml si sospetterà l’insufficienza renale o l’ostruzione delle vie urinarie superiori.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA " AORTA "
SCHEDA ” AORTA “
Dal ventricolo sinistro del cuore trasporta il sangue ossigenato a tutte le parti del corpo tramite la circolazione sistemica, negli animali che possiedono circolazione a sistema chiuso.
È lunga approssimativamente dai 30-40 cm e il suo diametro medio è di 2,5-3,5 cm e viene distinta in tre settori:
- Aorta ascendente
- Arco aortico
- Aorta discendente
- Aorta ascendente:
Si origina a livello della valvola semilunare aortica del ventricolo sinistro del cuore all’altezza del margine inferiore della terza cartilagine costale di sinistra.
Si dirige verso l’alto, ventralmente e verso destra fino all’articolazione della seconda cartilagine costale con lo sterno.
Poco sopra l’origine dell’arteria sono presenti i tre seni aortici di Valsalva, subito dopo i quali vi è un rigonfiamento detto bulbo aortico.
Una successiva dilatazione è rappresentata dal grande seno aortico, di forma ovale.
Dalla base dell’aorta hanno origine gli unici suoi rami, le arterie coronariche destra e sinistra, che presiedono all’irrorazione arteriosa del cuore.
- Arco aortico
- Aorta discendente
Da entrambe le porzioni originano rami collaterali che irrorano le pareti (rami parietali) o i visceri (rami viscerali).
Fonte desunta da Wikipedia
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA " COLPO APOPLETTICO "
SCHEDA ” COLPO APOPLETTICO “
Definizione:
Perdita improvvisa della coscienza associata a paralisi; in seguito anche arresto della circolazione.
Essendo frequentemente dovuto a emorragia nei centri nervosi, la parola è passata a indicareanche altre emorragie interne degli organi: spinale, polmonare, renale, splettica, retinica.
Attualmente indica prevalentemente la grave sintomatologia che segue a emorragia o trombosi cerebrale con perdita della coscienza, della sensibilità e della motilita’che possono in parte regredire, lasciando, in ogni caso, deficienze più o meno gravi.
Il caso più frequente e’ la rottura di un vaso in seguito ad arteriosclerosi, in soggetti che soffrono di ipertensione ( i cosi’ detti individui apoplettici)
Nella zona colpita o focolaio, si ha distruzione della sostanza cerebrale, con formazione di un coagulo che può essere riassorbito o circondato da proliferazione di tessuto mesenchimale.
Ovviamente l’emorragia cerebrale non da sempre la stessa sintomatologia: coscienza, motilita’ e sensibilita’ possono essere colpite in vario grado e con modalità diverse.
Volendo indicare un espisodio emorragico cerebrale non meglio precisato, si parla genericamente di ictus.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " APPENDICITE "
SCHEDA ” APPENDICITE “
Definizione: Infiammazione acuta o cronica dell’appendice cecale
Le cause dell’appendicite e’ incerta: sicuramente entrano in gioco diversi fattori.
La malattia è frequente e colpisce tutte le eta’, sembra che sia piu’ elevata in citta’ per l’alto tenore di vita, meno in campagna o zone meno evolute.
Particolare importanza ha la conformazione dell’organo che e’ rudimentale, ricco di tessuto linfatico, percorso da un lume ristretto e fondo cieco.
Nell’interno ristagnano numerosi germi, provenienti per lo piu’ dall’intestino e trovano cosi’ condizioni favorevoli a divenire piu’ virulenti.
Una occasione di particolare pericolo e’ offerta dall’occlusione che pu0′ avvenire per un calcolo fecale, per tumefazione del tessuto linfoide, per spasmo o per torsione.
L’appendice infiammata è dolente: il dolore appare in maniera diffusa all’epigastrio, poi si localizza.
Compaiono contrattura muscolare e febbre.
Il dolore si acutizza alla pressione, sopratutto in certi punti.
Il decorso puo’ essere acuto o cronico.
Nel caso acuto può avere anche un decorso drammatico: l’organo infiammato puo’ perforarsi dando luogo a peritonite acuta, caraterizzata da momentanea scomparsa del dolore, cui fanno seguito vomito, ventre teso, polso piccolo e frequente.
Per questa ragione l’asportazione chirurgica dell’appendice (appendicectomia) e’ l’indicazione di norma quando si verifica tale caso.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ARITMIE "
SCHEDA ” ARITMIE “
Definizione di : ARITMIA
In breve l’aritmia significa mancanza di ritmo, in questo caso specifico, mancanza di ritmo regolare e costante del muscolo cardiaco, cioe’ il cuore.Il ritmo delle contrazioni cardiache è determinato da un sistema autonomo formato da tessuto specifico costituito da: una formazione posta allo sbocco della vena cava superiore dell’atrio destro, detta anche “nodo seno-atriale”, e da un nodo atrio ventricolare posto più in basso.
L’impulso alla contrazione si forma nel seno con ritmo costante.
Data la complessita’ e le caratteristiche della regolazione si possono avere delle turbe delle quattro propieta’ del miocardio:
- automatismo
- eccitabilita’
- conduttivita’
- contrattilita’
– Alterazioni del cronotropismo o automatismo. (tachicardia sinusale, bradicardia sinusale) – Sinusali: tutte originate dal nodo del seno. (ritmi nodali originati dal nodo atrio ventricolare);
– Alterazioni del batmotropismo o eccitabilita’.(extrasistolia, tachicardie, fibrillazioni);
– Alterazioni del dromotropismo o conducibilita’. (blocco del seno);
– Alterazioni dell’inotropismo o contrattilita’. (polso alternante).
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ARRESTO RESPIRATORIO "
SCHEDA ” ARRESTO RESPIRATORIO “
Definizione di :ARRESTO RESPIRATORIO
Arresto Respiratorio
La respirazione costituisce il meccanismo di entrata e di uscita dell’aria dal corpo. Nelle condizioni normali l’individuo adulto respira 12-15 volte al minuto.
Per vedere se una persona respira o non respira si applicano le seguenti semplici manovre:
Osservare il torace per verificare i movimenti respiratori.
Ascoltare con l’orecchio se ci sono rumori respiratori
Avvicinare la guancia al naso e alla bocca dell’infortunato per percepire il flusso d’aria
SEGNI EVIDENTI DI ASFISSIA NELL’INFORTUNATO
Perdita di coscienza.
Cianosi: colorito bluastro della pelle (viso, labbra, padiglioni auricolari, unghie).
Assenza di movimenti respiratori.
Assenza di passaggio d’aria dal naso e dalla bocca.
COSA FARE
Se una persona manifesta i segni evidenti di un arresto respiratorio, bisogna innanzitutto chiamare il 118 e, nel lasso di tempo necessario all’arrivo dei soccorsi, operare con la respirazione artificiale.
Il metodo bocca a bocca è quello più immediato se non si hanno a disposizione strumenti per un diverso metodo di insufflazione.
Per maggiori informazioni sulla respirazione artificiale e massaggio cardiaco vedi anche: Arresto cardio respiratorio
(Testo desunto da “Ares 118”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ARTERIA - ARTERIOLE - VASCOLARE - VENE "
SCHEDA ” ARTERIA – ARTERIOLE – VASCOLARE – VENE “
Definizione di : ARTERIA – ARTERIOLE – VASCOLARE – VENE
Sono le vie di trasporto del sangue e si suddividono principalmente in arterie e vene, con le relative ramificazioni in calibri sempre più piccoli denominate arteriole, venule e capillari.
Le arterie sono caratterizzate da pareti molto robuste e costituite da tre strati concentrici sovrapposti (tonache): quello interno, l’endotelio, quello mediano è formato da tessuto muscolare liscio e ricco di fibre elastiche e quello esterno, con funzione protettiva, formato da tessuto connettivo e fibre elastiche.
Grazie alle fibre elastiche, le pareti delle arterie possono resistere a forti pressioni e a contrarsi e dilatarsi in corrispondenza con le contrazioni e dilatazioni del cuore, contribuendo così a spingere il sangue verso la periferia.
Le arterie prendono origine dai ventricoli del cuore e trasportano sangue ricco di ossigeno fino alle zone periferiche.
Esse decorrono generalmente in profondità dei tessuti, affiorando solo in alcuni punti (es. tempie, polso etc.) dove è possibile sentire le pulsazioni.
Le principali arterie sono:aorte, carotide, coronaria, omerale o brachiale, femorale, polmonare Man mano che si allontanano dal cuore, esse si ramificano in vasi più piccoli, le arteriole, fino a risolversi nei capillari.
Le arteriole
Queste regolano la quantità di sangue circolante in periferia e la pressione arteriosa grazie alla loro parete muscolare contrattile.
I capillari
Sono tubicini esilissimi (diametro ca. 6-8 micron) dalla parete ridotta al solo endotelio, attraverso il quale avvengono gli scambi fra il sangue e i tessuti.
I capillari si ramificano fra di loro costituendo una fitta rete fra le arterie e le vene.
L’O2 e la CO2 diffondono passivamente seguendo il loro gradiente di pressione.
Le altre sostanze vengono “spremute” col siero dalla pressione sanguigna nei tessuti, mentre dal lato venoso dei capillari le pressione osmotica (provocata dalle proteine nel siero) “risucchia” il liquido dai tessuti.
La parte eccedente del liquido interstiziale invece va a finire nei vasi linfatici.
Le vene
Sono dei tubi dalle pareti sottili che prendono origine dalla periferia, dai capillari (poi venule) situati in diverse parti del corpo e portano il sangue povero in ossigeno al cuore.
Anche le pareti delle vene sono costituite da tre strati ma di minore spessore e sono prive di fibre elastiche e hanno poca muscolatura liscia (se la vena viene recisa si affloscia facilmente).
Sulle pareti interne delle vene più grandi si trovano delle speciali pieghe membranose a forma di tasca, dette valvole a nido di rondine, che lasciano scorrere il sangue in direzione del cuore impedendogli di tornare indietro.
Le vene decorrono piuttosto in superficie, visibili sotto pelle dal tipico colore bluastro.
(Testo desunto da “Irene Valorosi sulla base testuale di Immagini della biologia” (ed.Zanichelli”))
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ARTERIOSCLEROSI ED ATEROSCLEROSI "
SCHEDA ” ARTERIOSCLEROSI ED ATEROSCLEROSI “
Definizione di : Arteriosclerosi ed aterosclerosi
L’aterosclerosi consiste nell’accumulo di placche nelle pareti arteriose. Le arterie sono i vasi sanguigni che portano il sangue ossigenato al cuore e ad altre parti del corpo.
La placca è un insieme di grassi, colesterolo, calcio e altre sostanze circolanti nel sangue.
Nel tempo, la placca si indurisce e restringe le arterie.
Ciò può ridurre il flusso di sangue ossigenato agli organi e ad altre parti del corpo.
Per arteriosclerosi si intende invece un generale indurimento, con perdita di elasticità, delle pareti delle arterie.
Alla luce di queste due definizioni, poiché la perdita di elasticità delle arterie è dovuta principalmente all’accumulo di colesterolo, il termine arteriosclerosi è oggi considerato improprio e si fa generalmente riferimento al termine aterosclerosi tutte le volte che ci si riferisce a una perdita delle funzioni arteriose; si tratta infatti della forma di arteriosclerosi più diffusa, almeno nei Paesi occidentali.
L’aterosclerosi può determinare problemi gravi, tra cui l’infarto cardiaco, l’ictus, e perfino la morte.
Il miglioramento dei trattamenti ha ridotto il numero di morti dovuto alle malattie causate dall’aterosclerosi.
Questi trattamenti hanno anche migliorato la qualità di vita dei soggetti affetti da tale patologia, che rimane comunque un problema sanitario frequente.
È possibile prevenire o ritardarne l’insorgenza e le possibili complicanze.
Cambiamenti dello stile di vita e attenzione medica costante possono aiutare a evitare i problemi dell’aterosclerosi e a vivere a lungo e in salute.
Cause
La causa esatta dell’aterosclerosi non è nota, ma sappiamo che si tratta di un processo lento e complesso, che potrebbe iniziare addirittura durante l’infanzia ed evolve sempre più velocemente via via che si invecchia.
Può iniziare quando alcuni fattori danneggiano le pareti interne delle arterie, tra cui:
- fumo
- livelli ematici elevati di alcuni grassi e del colesterolo,
- ipertensione arteriosa,
- livelli ematici alti di glucosio per resistenza all’insulina o diabete
L’accumulo di placche inizierebbe laddove le arterie sono danneggiate.
Nel tempo, la placca si indurisce e restringe le arterie. Infine, parte della placca si può spaccare.
Quando si spacca, le piastrine (corpuscoli di origine cellulare presenti nel sangue) aderiscono al sito della lesione. Possono aggregarsi generando trombi. I trombi restringono le arterie ulteriormente, limitando il flusso di sangue ossigenato ai vari distretti corporei.
Dipendentemente dalle arterie colpite, i trombi possono peggiorare un’angina (dolore toracico) o causare un infarto cardiaco o un ictus.
Fattori di rischio principali:
Livelli ematici di colesterolo anomali.
– Sono compresi alti valori di colesterolo LDL (colesterolo “cattivo”) e bassi livelli di colesterolo HDL (colesterolo “buono”).
– Pressione alta.
La pressione arteriosa viene definita alta quando supera stabilmente 140/90 mmHg.
Nei soggetti diabetici o con malattie renali croniche, il limite è invece 130/80 mmHg (mmHg, cioè millimetri di mercurio, è l’unità di misura della pressione arteriosa).
– Fumo.
Il fumo può danneggiare e restringere i vasi sanguigni, portare a livelli di colesterolo anomali e aumentare la pressione arteriosa.
Inoltre, il fumo di per sé può ridurre l’ossigenazione del sangue.
– Resistenza all’insulina.
In questa condizione, l’organismo non riesce a utilizzare correttamente l’insulina. Questo ormone aiuta a spostare il glucosio dal sangue alle cellule, dove viene usato come fonte di energia.
L’insulino-resistenza può sfociare in diabete.
– Diabete.
In questa malattia, la glicemia è troppo alta perché l’organismo non produce abbastanza insulina o non la utilizza correttamente. Sovrappeso od obesità.
I termini “sovrappeso” e “obesità” indicano un peso corporeo maggiore di quanto considerato sano per una data altezza.
– Assenza di attività fisica.
L’inattività fisica può peggiorare altri fattori di rischio dell’aterosclerosi, come i livelli anomali di colesterolo, l’ipertensione arteriosa, il diabete e il sovrappeso o l’obesità.
– Alimentazione poco sana.
Un’alimentazione non adeguata può aumentare il rischio di aterosclerosi.
Cibi ricchi di grassi saturi e trans, colesterolo, sodio e zucchero, possono esacerbare altri fattori di rischio della malattia.
– Età avanzata.
Il rischio di aterosclerosi aumenta con l’invecchiamento.
Fattori genetici o lo stile di vita causano la formazione progressiva di placche nelle arterie al progredire dell’età.
Una volta raggiunta o superata la mezza età, l’accumulo di placche è sufficiente a causare segni o sintomi.
Negli uomini, il rischio aumenta dopo 45 anni.
Nelle donne, il rischio aumenta dopo 55 anni. – Storia famigliare di cardiopatia precoce.
Il rischio di aterosclerosi aumenta se il padre o un fratello hanno avuto una cardiopatia prima di 55 anni, o se madre o una sorella si sono ammalate prima di 65 anni.
Benché l’età avanzata e una storia famigliare di cardiopatia precoce siano fattori di rischio, nessuna delle due condizioni implica che necessariamente si sviluppi la malattia.
Mettere sotto controllo altri fattori di rischio può spesso ridurre le influenze genetiche e aiutare a prevenire l’aterosclerosi, anche nei soggetti anziani.
Ci sono studi che dimostrano che un numero crescente di bambini e giovani è a rischio di aterosclerosi.
Questo è dovuto a vari fattori, tra cui la crescente incidenza dell’obesità infantile.
Altri fattori di rischio
La ricerca scientifica continua a esplorare possibili fattori di rischio dell’aterosclerosi.
Livelli ematici elevati di una proteina nota come proteina C-reattiva (PCR) possono aumentare il rischio di aterosclerosi e infarto cardiaco. Livelli alti di PCR segnalano uno stato infiammatorio nell’organismo.
L’infiammazione è la risposta del corpo a lesioni o infezioni.
Lesioni delle pareti interne delle arterie sembrano attivare un processo infiammatorio e potenziare l’ingrossamento della placca.
Nei soggetti con livelli di PCR bassi, l’aterosclerosi potrebbe svilupparsi più lentamente rispetto a individui con valori alti. La comunità scientifica è in procinto di determinare se l’azione di ridurre l’infiammazione e abbassare i livelli di PCR possa anche diminuire il rischio.
Anche livelli ematici alti di trigliceridi possono aumentare il rischio di cardiopatia coronarica, specialmente nelle donne. I trigliceridi sono una tipologia di grassi.
Sono in corso studi per determinare se la genetica può essere rilevante rispetto al rischio di aterosclerosi.Ricordiamo infine:
Apnea notturna.
L’apnea notturna è un disordine comune, contrassegnato da una o più sospensioni respiratorie o da respiro superficiale.
Se non trattata, può aumentare il rischio di ipertensione arteriosa, diabete e perfino di infarto cardiaco o ictus.Stress.
La ricerca scientifica ha dimostrato che il più comune fattore scatenante di un infarto è un forte evento emozionale, specialmente se causa di rabbia.
Alcool.
L’abuso significativo di alcolici può danneggiare il muscolo cardiaco e peggiorare gli altri fattori di rischio dell’aterosclerosi.
Un uomo dovrebbe limitarsi a due bevande alcoliche al giorno.
Una donna dovrebbe limitarsi a un’unica bevanda alcolica giornaliera.
Sintomi
Di solito, l’aterosclerosi non causa segni e sintomi finché non ha ristretto significativamente od ostruito completamente un’arteria.
Molte persone non sono consapevoli della malattia fino all’insorgenza di un’emergenza medica, come un infarto cardiaco o un ictus.
Alcuni soggetti possono avere segni e sintomi della malattia e tali manifestazioni dipendono dalle arterie colpite.
Aterosclerosi coronarica
Le arterie coronarie portano il sangue ossigenato al muscolo cardiaco.
Se l’aterosclerosi restringe od ostruisce queste arterie (la malattia viene chiamata cardiopatia coronarica), causa comunemente un sintomo noto come angina, ossia dolore o fastidio toracico originati da un’area del muscolo cardiaco che non riceve quantità adeguate di sangue arterioso.
Può essere percepita come un’oppressione o un peso sul torace. La sintomatologia può interessare anche spalle, braccia, collo, mandibola o schiena.
Il dolore anginoso può assomigliare a un’indigestione.
Tende a peggiorare con l’attività e a scomparire con il riposo.v Anche uno stress emozionale può scatenare il dolore.
Ci possono essere altri sintomi come affanno e aritmie.
Le aritmie sono alterazioni della frequenza o della ritmicità dei battiti cardiaci.
Le placche possono anche formarsi nelle arterie del cuore più piccole. Si parla in questo caso di malattia microvascolare coronarica
. I sintomi della malattia microvascolare consistono in angina, affanno, disturbi del sonno, stanchezza e mancanza di energia.
Aterosclerosi carotidea e cerebrale
Le carotidi portano il sangue ossigenato al cervello.
In caso di placche tali da restringere o bloccare questi vasi (arteriopatia carotidea), i sintomi possono essere quelli di un ictus.
Questi sintomi possono includere:
- debolezza improvvisa,
- paralisi (movimenti impossibili) o intorpidimento di faccia, braccia o gambe, specie di un lato del corpo,
- confusione,
- difficoltà a parlare o a capire il linguaggio,
- disturbi della vista di uno o ambedue gli occhi,
- problemi respiratori,
- vertigini, problemi a camminare, perdita di equilibrio o coordinazione, cadute improvvise,
- perdita di coscienza,
- cefalea improvvisa e intensa.
- Aterosclerosi periferica
Le placche possono anche svilupparsi nei grossi vasi che portano il sangue ossigenato a gambe, braccia e pelvi (arteriopatia periferica).
Se vengono colpiti questi grossi vasi, i sintomi possono consistere in perdita di sensibilità, dolore e, talvolta, infezioni pericolose.
Aterosclerosi renale
Queste arterie portano il sangue ossigenato ai reni.
Se vi si formano placche, può svilupparsi una nefropatia cronica. Nel tempo, la nefropatia cronica implica un lento deterioramento della funzionalità renale.
In fase iniziale, la nefropatia spesso non dà segni o sintomi.
Via via che peggiora, può causare stanchezza, modifiche nelle modalità di minzione (più o meno spesso), perdita di appetito, nausea (senso di malessere dello stomaco), gonfiore di mani o piedi, prurito o intorpidimento, difficoltà a concentrarsi.
Complicazioni
Il processo può interessare qualunque arteria del corpo, come le arterie di cuore, cervello, braccia, gambe, pelvi e reni. Di conseguenza, secondo le arterie interessate ci potranno essere differenti malattie.
Cardiopatia coronarica
La cardiopatia coronarica (anche nota come cardiopatia ischemica) deriva dall’accumulo di placche nelle arterie coronarie. Queste arterie portano il sangue ossigenato al muscolo cardiaco.
Le placche restringono le arterie coronarie e riducono il flusso di sangue al cuore. Quest’accumulo aumenta anche le probabilità che si formino coaguli (trombi) nelle arterie.
I trombi possono bloccare il sangue del tutto o parzialmente.
Se il flusso sanguigno al muscolo cardiaco è ridotto o bloccato, possono insorgere crisi di angina (dolore o fastidio toracico) o un infarto cardiaco.
Le placche possono anche formarsi nelle arterie del cuore più piccole.
Si parla in questo caso di malattia microvascolare coronarica.
Nella malattia microvascolare, le placche non ostruiscono completamente le arterie come nel caso precedente.
Arteriopatia carotidea
Nell’arteriopatia carotidea, le placche si accumulano nelle arterie ai lati del collo, ossia le arterie carotidi.
Queste arterie portano il sangue ossigenato al cervello.
Se il flusso sanguigno al cervello è ridotto o bloccato, può verificarsi un ictus.
Arteriopatia periferica
Si parla di arteriopatia periferica quando le placche interessano le grosse arterie che portano il sangue ossigenato a gambe, braccia e pelvi.
Se il flusso sanguigno a queste parti del corpo è ridotto o bloccato, ci possono essere perdite di sensibilità, dolore e anche gravi infezioni.
Malattia renale (nefropatia) cronica
Se le placche colpiscono le arterie renali, si può instaurare una nefropatia cronica.
Queste arterie portano il sangue ossigenato ai reni.
Nel tempo, la nefropatia cronica implica un lento deterioramento della funzionalità renale.
I reni servono principalmente a eliminare scarti e acqua in eccesso dal corpo.
Diagnosi
L’aterosclerosi verrà diagnosticata in base a segni e sintomi, anamnesi, esame obiettivo ed esami strumentali.
Se necessario il medico curante può raccomandare il ricorso a specialisti quali:
– Cardiologo. Il cardiologo è un medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento di malattie e condizioni del cuore. Il ricorso a questo specialista può essere indicato sia in caso di arteriopatia periferica che a fronte di malattia coronarica.
– Angiologo. L’angiologo è un medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento di malattie e condizioni dei vasi sanguigni. I pazienti con arteriopatia periferica possono ricorrere all’angiologo.
– Neurologo. Il neurologo è un medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento di disturbi del sistema nervoso. Il neurologo può essere necessario in caso di ictus dovuto ad arteriopatia carotidea.
– Nefrologo. Il nefrologo è un medico specializzato nella diagnosi e nel trattamento di malattie e condizioni del rene. Il ricorso al nefrologo può essere utili in caso di nefropatia cronica.
Esame obiettivo
Durante l’esame obiettivo, il medico può auscultare le arterie alla ricerca di sibili anomali, detti soffi. L’auscultazione consiste nell’ascolto tramite un dispositivo, lo stetoscopio, posto sul vaso interessato.
Il soffio può significare che l’accumulo di placche ha alterato il flusso di sangue.
Il medico può anche controllare l’eventuale debolezza o mancanza di pulsazioni (polsi periferici) in alcune zone (per esempio, gamba o piede).
Un polso debole o assente può indicare un’arteria ostruita.
Analisi diagnostiche
Il medico può ricorrere a uno o più esami per la diagnosi di aterosclerosi.
Questi esami aiutano anche a stabilire l’estensione della malattia e a pianificare il trattamento ottimale.
Esami del sangue
Gli esami del sangue permettono di controllare i livelli di grassi, colesterolo, glucosio e proteine del sangue. Livelli anomali potrebbero segnalare l’esistenza di un rischio di aterosclerosi.
ECG (Elettrocardiogramma)
Si tratta di un esame semplice e indolore, che rileva e registra l’attività elettrica del cuore.
Mostra la velocità dei battiti e la loro ritmicità (costante o irregolare).
L’ECG può anche registrare l’intensità e la trasmissione temporale dei segnali elettrici nel cuore.
Può mostrare i segni dei danni cardiaci dovuti a cardiopatia coronarica. Può anche evidenziare i segni di un infarto cardiaco, pregresso o attuale.
Radiografia del torace
La tecnica acquisisce immagini degli organi e delle strutture all’interno del torace, come cuore, polmoni e vasi sanguigni.
La radiografia del torace può evidenziare la presenza di insufficienza cardiaca.
Indice caviglia-braccio
L’indice caviglia-braccio (ABI, ankle-brachial index) confronta la pressione arteriosa nella caviglia con quella del braccio in modo da ottenere una valutazione complessiva del circolo sanguigno.
Questo esame è utile in caso di arteriopatia periferica.
Ecocardiografia
L’ecocardiografia usa gli ultrasuoni per generare immagini in movimento del cuore.
Le immagini mostrano la dimensione e la forma del cuore, ma anche come stanno lavorando le cavità e le valvole cardiache.
L’ecocardiografia può anche mostrare aree scarsamente vascolarizzate del cuore, aree di muscolo cardiaco che non si contraggono normalmente e lesioni pregresse del muscolo causate da un insufficiente flusso sanguigno.
Tomografia computerizzata
La tomografia computerizzata (TAC) crea delle immagini digitali di cuore, cervello o altri distretti corporei. L’esame permette di identificare indurimento e restringimento di grosse arterie.
Una TAC cardiaca può anche mostrare se ci sono depositi di calcio nelle pareti delle arterie coronarie, che possono essere segni precoci di cardiopatia coronarica.
Prova da sforzo
Questo esame rileva l’attività cardiaca durante l’esercizio, in modo da sollecitare e accelerare l’attività cardiaca.
In soggetti che non possono sostenere un’attività fisica, il cuore verrà sollecitato tramite farmaci.
Se il cuore lavora più intensamente e batte più rapidamente, ha bisogno di più sangue e ossigeno.
Arterie ristrette dalle placche non riescono a soddisfare le maggiori richieste di sangue ossigenato.
La prova da sforzo può mostrare segni e sintomi di cardiopatia coronarica, in particolare:
– variazioni anomale della frequenza cardiaca o della pressione arteriosa,
– affanno o dolore toracico,
– anomalie del ritmo cardiaco o dell’attività elettrica del cuore.
In alcune prove da sforzo, vengono acquisite immagini del cuore durante l’esercizio e a riposo.
Queste prove con immagini possono evidenziare come fluisce il sangue all’intero del cuore.
Permettono anche di studiare la funzione di pompa del cuore.
Angiografia
Questo esame si basa su un mezzo di contrasto e speciali raggi X per studiare l’interno delle carotidi.
Permette di vedere se esistono placche ostruenti e il livello di ostruzione.
Consiste nell’inserimento di un catetere (tubicino flessibile) in un vaso sanguigno del braccio, dell’inguine o del collo. Tramite il catetere, viene quindi iniettato nelle arterie un mezzo di contrasto visibile ai raggi X.
Osservando le immagini radiografiche, è possibile studiare il flusso di sangue nelle arterie.
Altri esami
Sono in corso prove con altri esami per capire se possono dare informazioni migliori sui depositi di placche all’interno di arterie. Per esempio, si stanno valutando la risonanza magnetica (RM) e la tomografia a emissione di positroni (PET, dall’inglese Positron Emission Tomography).
Cliccare sull’immagine per ingradire
Cura
I trattamenti per l’aterosclerosi possono consistere in cambiamenti dello stile di vita, farmaci e procedure mediche o chirurgiche.
Gli obiettivi del trattamento sono:
- riduzione del rischio di formazione di trombi,
- prevenzione delle malattie associate all’aterosclerosi,
- riduzione dei fattori di rischio nel tentativo di rallentare o arrestare il deposito di placche,
- alleviamento dei sintomi,
- dilatazione o bypass di arterie ostruite.
- Modifiche dello stile di vita
In caso di aterosclerosi, il medico può raccomandare l’adozione di uno stile di vita più salutare. Sono esempi di modifiche salutari l’adozione di una dieta sana, il raggiungimento di un peso corporeo adeguato, la gestione dello stress, l’attività fisica e l’abolizione del fumo.
Farmaci
Talvolta, i cambiamenti dello stile di vita non bastano a tenere sotto controllo i livelli di colesterolo. Potrebbe per esempio essere necessario assumere statine per controllare o abbassare il colesterolo.
L’abbassamento del colesterolo può ridurre il rischio di attacco cardiaco o di ictus. In genere, le statine vengono prescritte in soggetti con:
– cardiopatia coronarica, arteriopatia periferica o pregresso ictus,
– diabete,
– alti livelli di colesterolo LDL.
Il trattamento con statine viene preso in considerazione nei soggetti con elevati rischi di cardiopatia o ictus.
Possono anche essere indicati farmaci per:
– abbassare la pressione arteriosa,
– abbassare la glicemia,
– prevenire la formazione di trombi, possibili cause di infarto o ictus,
– prevenire i processi infiammatori.
Assumere i medicinali secondo quanto prescritto, con regolarità
. Non modificare le quantità o saltare dosi a meno che non sia il medico a prescriverlo.
Anche se in terapia farmacologica per l’aterosclerosi, si dovrà comunque osservare uno stile di vita sano e adeguato.
Procedure mediche e chirurgia
In caso di grave aterosclerosi, possono essere indicate procedure mediche o chirurgiche.
L’interventistica percutanea coronarica, in genere detta angioplastica coronarica, è una procedura non chirurgica che apre arterie coronarie ostruite o ristrette.
Può migliorare il flusso di sangue al muscolo cardiaco e alleviare il dolore toracico.
Talvolta, l’angioplastica viene seguita dall’applicazione di uno stent (una piccola rete tubolare) nell’arteria per mantenerla aperta.
Il bypass coronarico, o CABG, è un tipo di intervento chirurgico.
Nel CABG, vengono usate arterie o vene di altri distretti del corpo per creare circoli alternativi (bypass) ai tratti arteriosi ostruiti.
Il bypass può migliorare il flusso di sangue al cuore, alleviare il dolore toracico ed eventualmente prevenire un infarto.
La tecnica del bypass può anche essere applicata alle arterie della gamba.
Per questa chirurgia, viene usato un vaso sanguigno sano per bypassare arterie chiuse o ristrette della gamba.
Il vaso sano ridirige il sangue oltre il blocco arterioso, migliorando il flusso sanguigno della gamba.
L’endoarterectomia carotidea è una tecnica chirurgica utilizzata per rimuovere depositi di placche dalle arterie carotidi nel collo. Questa procedura ripristina il flusso sanguigno al cervello, aiutando potenzialmente a prevenire l’ictus.
Prevenzione
Adottare misure per controllare i fattori di rischio può aiutare o ritardare l’aterosclerosi e le sue complicanze.
Il rischio aumenta in funzione del numero dei fattori di rischio del soggetto.
Un passaggio da compiere consiste nell’intraprendere modifiche salutari dello stile di vita quali:
Adozione di una dieta sana.
Adottare abitudini alimentari salutari, come mangiare frutta e verdura di diverse qualità (compresi i legumi), cereali integrali, carni magre, pollame privato della pelle, pesce, e latte e derivati scremati
Una dieta sana contiene poco sodio, pochi zuccheri aggiunti, pochi grassi solidi e pochi cereali raffinati.
Una dieta sana è una componente fondamentale di uno stile di vita salutare.
Attività fisica.
È importante tenersi il più attivi possibili.
L’attività fisica migliora la forma e la salute.
Farsi consigliare dal medico tipo e quantità di esercizio corretti per il proprio stato.
Approfondire il rapporto tra attività fisica e cuore.
Abolizione del fumo.
Smettere di fumare.
Il fumo può danneggiare e restringere i vasi sanguigni, aumentando il rischio di aterosclerosi.
Farsi consigliare dal medico programmi e prodotti che possono aiutare a smettere.
Cercare anche di evitare situazioni di fumo passivo.
Approfondire il rapporto tra fumo e cuore.
Controllo del peso.
Se sovrappeso od obesi, è importante impegnarsi con il personale sanitario per costruire un piano di dimagrimento ragionevole.
Il peso forma aiuta a controllare i fattori di rischio della malattia.
Altre azioni che possono prevenire o ritardare le complicazioni includono la conoscenza della propria anamnesi famigliare rispetto a tale malattia.
Ricordarsi di informare il proprio medico se qualcuno in famiglia ne ha sofferto.
Se le modifiche dello stile di vita non bastassero a tenere sotto controllo i fattori di rischio, possono essere prescritti appositi farmaci per ridurli.
Assumere sempre i medicinali come prescritti dal medico. (Fonte: NIH Traduzioni a cura della Dr.ssa Greppi Barbara)
(Testo desunto da “Farmacoecura” del Dr. Guido Cimurro (farmacista))
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ARTICOLAZIONI "
SCHEDA ” ARTICOLAZIONI “
Definizione di: ARTICOLZIONI
Le articolazioni sono strutture anatomiche, talora complesse, che mettono in reciproco contatto due o più ossa.
Per evitare fenomeni degenerativi dovuti all’usura, nella maggior parte dei casi si tratta di un contatto non diretto, ma mediato da tessuto fibroso o cartilagineo e/o da liquido.
Le articolazioni del corpo umano sono assai numerose, se ne contano in media 360, e strutturalmente molto dissimili le une dalle altre.
Questa diversificazione rispecchia il tipo di funzione richiesta a quella determinata giuntura.
Nel loro insieme, il compito delle articolazioni è di tenere uniti i vari segmenti ossei, in modo tale che lo scheletro possa espletare la sua funzione di sostegno, mobilità e protezione.
CLASSIFICAZIONE DELLE ARTICOLAZIONI SU BASE STRUTTURALE
Le articolazioni si suddividono, dal punto di vista strutturale, in:
- articolazioni fibrose: le ossa sono unite da tessuto fibroso;
- articolazioni cartilaginee: le ossa sono legate da cartilagine;
- articolazioni sinoviali: le ossa sono separate da una cavità, oltre che essere legate per mezzo di strutture che descriveremo meglio in seguito.
Le ossa dello scheletro umano sono infatti connesse per mezzo di di articolazioni a cui sono consentiti movimenti di vario tipo e grado.
Si parla, allora, di giunture immobili (sinartrosi), semimobili (anfiartrosi) e mobili (diartrosi).
CLASSIFICAZIONE DELLE ARTICOLAZIONI SU BASE FUNZIONALE Le articolazioni si suddividono, dal punto di vista funzionale, in:
- articolazioni immobili o sinartrosi: legano strettamente i capi ossei, come una cerniera lampo chiusa, tanto da impedirne i movimenti.
- Articolazioni ipomobili o anfiartrosi: legano due superfici articolari, ricoperte da cartilagine, tramite legamenti interossei; tra le due superfici è interposto un disco fibrocartilagineo che permette soltanto movimenti limitati.
Nelle vertebre, per esempio, superfici ossee pianeggianti sono unite da un disco interosseo cartilagineo che funge da ammortizzatore. - Articolazioni mobili o diartrosi: permettono un ampio range di movimento, in una o più direzioni dello spazio (ginocchio, spalla, dita…)
Le sinartrosi (articolazioni immobili) si dividono in:
- Sinostosi: il grado di movimento è nullo, dal momento che uniscono le articolazioni tramite tessuto osseo (come nel cranio dell’adulto).
- Sincondrosi: il grado di movimento è scarso, dal momento che uniscono le articolazioni tramite tessuto cartilagineo denso (come le prime costole dello sterno).
- Sindesmosi o sinfimbrosi: il grado di movimento è limitato, dal momento che sono tenute insieme da tessuto connettivo fibroso (come la sinfisi pubica).
Le articolazioni mobili o semimobili si differenziano per la forma e per i movimenti consentiti.
In proposito esistono classificazioni leggermente differenti tra loro.
Una di queste e prevede la suddivisione delle diartrosi in base alle differenze di forma delle superfici articolari
(Testo desunto da “my-personaltrainer.it”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ARTRITE "
SCHEDA ” ARTRITE “
Definizione di: ARTRITE
L’artrite è una malattia infiammatoria cronica su base autoimmunitaria che interessa principalmente le articolazioni, ma che coinvolge in realtà l’intero organismo, determinando alterazioni a carico di più organi e apparati (cuore, vasi sanguigni, sistema nervoso, reni, occhi, polmoni ecc.) e aumentando il rischio di sviluppare altre patologie. Di fatto, la malattia compromette in modo significativo la qualità della vita.
CAUSE :
È una patologia autoimmune, ma benché il meccanismo autoimmunitario che porta allo sviluppo dell’artrite reumatoide sia stato molto indagato negli anni, la ricerca in medicina non ha ancora chiarito le cause che lo innescano.
Secondo l’ipotesi più accreditata, a scatenare il processo infiammatorio iniziale in soggetti predisposti sono una sostanza presente nell’ambiente e innocua per la stragrande maggioranza delle persone, oppure un agente patogeno (virus, batterio ecc.) che, dopo essere entrati nell’organismo, sollecitano in modo abnorme e persistente il sistema immunitario.
A oggi, non è nota la natura di questo agente esterno scatenante e non è escluso che possa essere diverso da paziente a paziente, in relazione a una specifica sensibilità individuale.
L’infiammazione cronica che si instaura colpisce in via preferenziale i tessuti articolari, danneggiandoli progressivamente. La prima struttura a essere compromessa è la sottile guaina che riveste l’articolazione (membrana sinoviale), al cui interno si accumulano cellule infiammatorie, linfociti e fagociti, che ne promuovono l’ispessimento.
Si forma così il “panno sinoviale”, che invade l’articolazione riducendone le possibilità di movimento e che, a poco a poco, distrugge la cartilagine ed erode l’osso in modo irreversibile.
Con il tempo, tutti i tessuti dell’articolazione, i tendini, la capsula e i legamenti vengono coinvolti dall’infiammazione e in qualche misura danneggiati, portando allo sviluppo delle deformazioni articolari e della conseguente invalidità.
Posta la presenza di una suscettibilità genetica, sono stati riconosciuti alcuni fattori ambientali in grado di aumentare il rischio di sviluppare artrite reumatoide.
Si tratta, in particolare, del fumo di sigaretta (di per sé associato anche a un aumento dello stato infiammatorio generale dell’organismo) e dell’esposizione a sostanze tossiche come l’asbesto (comunemente chiamato amianto) e la silice, nonché ad altri materiali utilizzati nell’edilizia.
Un ulteriore fattore promuovente l’artrite reumatoide è l’obesità, anch’essa associata a un generale aumento dell’infiammazione sistemica.
Infine, da segnalare l’associazione tra psoriasi e artrite.
Tale correlazione era stata notata ai primi del Novecento, ma soltanto da pochi decenni è stato dimostrato in modo certo che l’artrite psoriasica è una forma a sé stante, diversa dall’artrite reumatoide o dalle altre malattie autoimmuni e associata alla psoriasi.
L’incidenza dell’artrite, a seconda degli studi, è estremamente varia.
È ragionevole pensare che possa affliggere circa il 30 per cento dei pazienti affetti da psoriasi.
I sintomi dell’artrite
I primi sintomi dell’artrite consistono, in genere, nella comparsa di rigidità, infiammazione e dolore più o meno intensi alle articolazioni (soprattutto quelle di mani e polsi), con un fastidio particolarmente marcato al risveglio, che migliora nell’arco di alcune ore e con il movimento.
Man mano che la malattia evolve, vengono interessati dall’artrite anche i piedi, le ginocchia, i gomiti, le spalle, le anche e, via via, pressoché tutte le articolazioni. In fase avanzata, la rigidità e il dolore diventano considerevoli e possono comparire deformazioni ossee che limitano la possibilità di usare le articolazioni interessate, determinando una sostanziale invalidità.
L’entità dell’infiammazione e la conseguente severità dei sintomi dell’artrite hanno un andamento oscillante nel tempo, con periodi di relativo benessere (fasi di “remissione”) e fasi di riacutizzazione, durante le quali i dolori, il gonfiore e la rigidità articolari diventano molto impegnativi da sopportare e gestire.
Nonostante questa variabilità delle manifestazioni, il trattamento dell’artrite reumatoide deve essere seguito in modo continuo, poiché in assenza di terapia antinfiammatoria il danno articolare evolve anche quando i sintomi sono modesti o assenti.
Con il passare degli anni, l’artrite reumatoide, specie se presente in forma severa e/o non adeguatamente controllata dalla cura, può favorire l’insorgenza di numerose complicanze, come comparsa di noduli a livello delle articolazioni o di altri tessuti del corpo (compresi i polmoni), aterosclerosi e altre patologie cardiovascolari, riduzione della funzionalità polmonare (con conseguenti difficoltà respiratorie), osteoporosi (anche come effetto collaterale di alcuni farmaci), sindrome del tunnel carpale, sindrome di Sjögren, maggiore suscettibilità alle infezioni e linfomi.
La diagnosi precoce, ossia riconoscere l’artrite reumatoide in fase iniziale da parte del reumatologo, non è sempre semplice poiché i sintomi precoci possono essere poco specifici (febbricola, malessere, stanchezza ecc.) e i primi fastidi alle articolazioni delle mani vengono spesso trascurati dagli stessi pazienti.
In aggiunta, non esiste un test in grado di diagnosticare la malattia in modo inequivocabile.
È il medico a dover sospettare la presenza dell’artrite reumatoide basandosi sullo stato di salute generale, sull’analisi dei segni e dei sintomi osservati durante la visita e/o segnalati dal paziente e a interpretarli, tenendo conto dei risultati di alcuni esami di laboratorio e strumentali e dell’anamnesi familiare.
I parametri più significativi a supporto della diagnosi di artrite reumatoide comprendono: alti livelli della VES (velocità di sedimentazione dei globuli rossi) e della proteina C reattiva (CRP), entrambi indicativi di un aumentato stato infiammatorio generalizzato; la presenza di anemia; la possibile positività agli anticorpi anti-nucleo (ANA, in sigla), al Fattore reumatoide e agli anticorpi anti-peptidi citrullinati (anti-CCP).
Riguardo al Fattore reumatoide va però precisato che, all’esordio, è presente soltanto in circa la metà dei casi e, anche in seguito, non tutti i pazienti lo sviluppano.
D’altro canto, molte persone risultano positive per il Fattore reumatoide per ragioni correlate non all’artrite, ma ad altre malattie: per esempio, le epatiti croniche da virus B o C, la sindrome di Sjögren o il lupus eritematoso sistemico.
Da solo, quindi, questo parametro non può essere ritenuto discriminante.
Per valutare il danno articolare ed effettuare la diagnosi differenziale con altre malattie infiammatorie che colpiscono le articolazioni è utile la radiografia delle zone che già presentano tumefazioni o segni di infiammazione.
L’esame radiografico all’esordio serve, inoltre, per avere un punto di riferimento per valutare la progressione della patologia nei controlli successivi e l’efficacia delle terapie intraprese per contrastarla.
Per evidenziare le alterazioni articolari precoci bisogna, invece, avvalersi di indagini strumentali più sensibili, quali la risonanza magnetica e l’ecodoppler articolari, capaci di rilevare le erosioni ossee e cartilaginee fin dalle fasi iniziali.
Quando la malattia dà luogo a manifestazioni atipiche e il quadro clinico è particolarmente incerto, può essere necessario ricorrere a procedure diagnostiche un po’ più invasive come la biopsia sinoviale, che consente di analizzare le cellule infiammatorie presenti a livello della membrana che riveste l’articolazione.
Da sapere
A oggi, contro l’artrite reumatoide non esistono strategie di prevenzione affidabili né cure risolutive.
Tuttavia, grazie al miglioramento delle conoscenze sulla malattia, a una maggiore precocità della diagnosi, allo sviluppo di molecole innovative e di schemi di trattamento più sicuri ed efficaci, negli ultimi anni le possibilità di contrastare l’evoluzione della degenerazione articolare e l’insorgenza di complicanze sono notevolmente aumentate.
Benché molti reumatologi propendano per un uso più precoce di farmaci biologici innovativi, in generale l’approccio alle artriti reumatoidi continua a seguire un criterio di gradualità basato sulla severità dei sintomi e del danno articolare riscontrato alla diagnosi e sul bilancio rischio/beneficio delle terapie disponibili.
In genere, quando la malattia è in fase precoce e in forma “non aggressiva” il primo intervento è basato su farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), oppure cortisone (gravato però da effetti collaterali non trascurabili, come l’impoverimento osseo, la ritenzione idrica e l’aumento di peso).
Lo scopo di questi trattamenti è, da un lato, contrastare l’infiammazione sistemica alla base dei danni articolari e, dall’altro, ridurre i sintomi locali (in particolare, il dolore e il gonfiore), attenuando secondariamente la rigidità e migliorando la funzionalità delle articolazioni colpite.
Quando la malattia è più severa, è necessario ricorrere a farmaci chiamati DMARD (Disease Modifying Anti-Rheumatic Drug), come metotrexato, lefunomide, sulfasalazina o idrossiclorochina.
I DMARD sono definiti farmaci “di fondo”, in quanto in grado di agire sui meccanismi alla base dell’artrite reumatoide, modificando l’attività della malattia e il suo decorso nel tempo.
Si tratta di rimedi efficaci, ma anche impegnativi da gestire poiché possono determinare un certo numero di effetti collaterali (tossicità epatica, nausea, malessere generale, immunosoppressione, infezioni ecc.), che spesso inducono i pazienti ad abbandonare il trattamento dopo qualche tempo e a trascurare la malattia. Questo comportamento va assolutamente evitato perché dà modo all’artrite di evolvere indisturbata, causando danni articolari irreversibili.
Da ormai un decennio, per il trattamento dell’artrite reumatoide si hanno a disposizione anche farmaci biologici (anticorpi monoclonali) in grado di inibire in modo selettivo e specifico alcune sostanze prodotte dal sistema immunitario, cruciali per sostenere l’infiammazione sistemica (in particolare, TNF-alfa e interleuchina 1).
Rispetto ai farmaci di fondo tradizionali, quelli biologici sono meglio tollerati, non provocando né nausea né malessere, ma possono comunque avere effetti collaterali non trascurabili, in particolare in termini di aumentato rischio di infezioni.
Somministrati da soli i farmaci biologici hanno un’efficacia paragonabile o di poco superiore a quella dei DMARD, mentre in associazione a questi ultimi (in particolare, il farmaco metotrexato) consentono di migliorare in modo significativo segni e sintomi della malattia e, soprattutto, di frenare la progressione del danno articolare.
Posto il ruolo chiave e insostituibile dei farmaci antinfiammatori più o meno potenti, per contrastare efficacemente l’artrite reumatoide è importante anche imparare a conoscere la malattia e gestirla nel quotidiano.
In primo luogo bisogna ricordare che rigidità e dolore non devono scoraggiare il movimento e, in alcuni casi, neppure gli sport leggeri.
Eccezion fatta per le fasi di riacutizzazione, le articolazioni devono continuare a essere utilizzate il più possibile, pur senza sforzarle eccessivamente.
Assecondare l’immobilità determinata dall’artrite è controproducente perché peggiora la rigidità articolare e indebolisce i muscoli che sostengono il movimento, riducendo la funzionalità e l’autonomia.
Per sbloccare le articolazioni e imparare gesti alternativi, ci si può rivolgere a medici specializzati in reumatologia e fisioterapisti esperti e partecipare a programmi di rieducazione funzionale.
(Testo desunto da “lasonil.it”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ARTROSI "
SCHEDA ” ARTROSI “
Definizione di: ARTROSI
Introduzione
L’ artrosi è una malattia articolare degenerativa, cronica e progressiva.
E’ la malattia reumatica più diffusa e colpisce entrambi i sessi: in Italia ne soffrono oltre 4 milioni di persone.
L’artrosi colpisce la maggior parte delle persone anziane, ma non ne sono risparmiati i soggetti più giovani, tanto che questa malattia rappresenta la principale causa della perdita di giornate lavorative.
Le lesioni degenerative osservate a carico delle articolazioni sono molteplici e coinvolgono la cartilagine, l’osso subcondrale e le inserzioni tendinee.
Non infrequentemente il processo degenerativo può complicarsi con fasi di infiammazione delle strutture articolari, determinando tumefazione con versamento liquido.
Le articolazioni più frequentemente interessate sono:
- la colonna vertebrale,
- l’anca,
- il ginocchio,
- le dita delle mani e dei piedi.
L’artrosi può essere classificata in una forma primaria, spesso diffusa a molteplici articolazioni, e in una forma secondaria, più frequentemente localizzata.
L’artrosi primaria riconosce un terreno genetico predisponente e non è infrequente osservarla in più soggetti appartenenti alla medesima famiglia.
L’artrosi secondaria può colpire anche soggetti giovani ed è legata, ad esempio, a traumi, obesità, malformazioni degli arti inferiori, attività lavorativa (uso di strumenti vibranti , manovre ripetitive sotto carico o in posizioni non fisiologiche), artriti, ecc.
I sintomi
Il sintomo più frequente lamentato dal malato con artrosi è il dolore.
Questo si accentua con il movimento e si riduce con il riposo.Raramente insorge durante il sonno, a meno che non sia concomitante un processo infiammatorio.
Con il progredire della malattia può essere presente anche a riposo e accompagnarsi alla sensazione di rigidità mattutina, generalmente di breve durata.
Quando la degenerazione dell’articolazione è evoluta il malato presenta una limitazione funzionale, più o meno invalidante a seconda delle sedi articolari coinvolte.
Infatti si possono osservare quadri sintomatologici differenti a seconda delle sedi articolari interessate.
Le articolazioni portanti artrosiche, per esempio anca e ginocchio, possono ostacolare il cammino; l’ artrosi delle mani può compromettere la destrezza e la forza necessarie per diversi atti quotidiani; l’artrosi del rachide oltre al dolore può associarsi ad alterazioni dei dischi vertebrali con patologia compressiva sulle radici dei nervi e quindi dolore parestesico irradiato lungo gli arti (rachialgia, sciatalgia, cruralgia).
Spesso sono presenti deformazioni (molto evidenti alle mani, ad esempio) con “nodulazioni” a livello delle articolazioni inter-falangee distali e prossimali con deviazione dell’asse articolare.
Una variante temibile che può colpire donne in età pre-menopausale è l’artrosi erosiva.In questa variante, diagnosticabile radiograficamente, possono essere persi completamente i normali rapporti articolari, come nell’artrite reumatoide o nell’artrite psoriasica, con grave compromissione della funzione.
Nonostante non sia stato verificato un nesso tra condizioni climatiche e artrosi, il malato riferisce spesso che il dolore può accentuarsi durante i cambiamenti climatici, soprattutto con l’umidità, con il vento, oppure quando si passa da un ambiente caldo ad uno freddo.
Come si diagnostica
Di solito l’ artrosi non si accompagna ad alterazioni significative degli esami di laboratorio, fatta eccezione per la forma erosiva dove può osservarsi un modesto incremento della VES.
Una accurata visita medica e alcune indagini radiografiche consentono di porre una diagnosi di certezza e, soprattutto, escludere altre malattie reumatiche.
E’ difficile porre una diagnosi precoce di artrosi perché generalmente i sintomi compaiono quando le lesioni degenerative sono instaurate ed evolute.
La terapia
Le indicazioni terapeutiche che si possono fornire tendono ad essere comuni in tutte le localizzazioni artrosiche e comprendono: terapie fisiche e riabilitative magari effettuate in ambiente termale, farmaci antiinfiammatori non steroidei ad azione analgesica, condroprotettori allo scopo di rallentare i processi degenerativi e di stimolare i processi riparativi cartilaginei, trattamento infiltrativo intraarticolare con sostanze atte a migliorare la lubrificazione articolare.
Quando la malattia è evoluta e l’inabilità e il dolore irreversibili, la soluzione chirurgica ortopedica, rappresentata dal posizionamento di protesi, può offrire grandi vantaggi e migliorare consistentemente la qualità di vita.
La terapia fisica (fisioterapia) sfrutta, mediante svariate strumentazioni, le proprietà del calore, applicato o indotto sulle articolazioni colpite, per indurre riduzione del dolore e migliore perfusione circolatoria.
Molti soggetti artrosici trovano infatti sollievo in ambiente caldo, secco e nell’esposizione al sole.
Ciò mima, in modo naturale, la condizione che può essere artificialmente creata mediante le strumentazioni fisiatriche.
Per prevenire le possibili lesioni da sole, devono essere scelte le ore e la durata opportuna di esposizione e devono essere eventualmente impiegate creme protettive adeguate.
Quando un paziente artrosico presenta un versamento articolare (ossia la formazione di liquido nella cavità articolare) l’esposizione al sole può peggiorare i suoi sintomi e vi sono poi una serie di controindicazioni dipendenti da cause diverse (ipertensione, foto-sensibilità, flebiti e altro).
Il mare inoltre può essere molto utile al paziente artrosico.
Il semplice galleggiamento permette movimenti che sono preclusi all’asciutto e favorisce quindi la tonificazione muscolare.
Il nuoto e altri gesti specifici aiutano i movimenti senza eccessive sollecitazioni articolari.
Questa applicazione medica del movimento si chiama chinesiterapia e viene correntemente eseguita, su precisa indicazione medica, da fisioterapisti specializzati, ma deve poi essere appresa dai pazienti e sviluppata come igiene quotidiana.
Un aspetto fondamentale della terapia dell’artrosi è costituito dall’apprendimento, da parte del malato, di gestualità in grado di proteggere le articolazioni da movimenti potenzialmente lesivi (economia articolare).
Si rende necessario studiare, mediante osservazione, il movimento articolare scorretto abituale, per giungere al suggerimento di gesti correttivi, talvolta mediante l’impiego di ausili strumentali.
(Testo desunto da “Dr. Roberto Gorla : artriti.it”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ASCESSO "
SCHEDA ” ASCESSO “
Definizione di: ASCESSO
Un ascesso è un’infezione localizzata contraddistinta dalla presenza di pus in qualsiasi parte del corpo.
L’ascesso può formarsi esternamente o internamente e può iniziare in seguito ad una diminuita resistenza alle infezioni, a contaminazione batterica o a ferite.
I sintomi di un ascesso comprendono sensibilità e gonfiore della parte infetta, febbre e brividi.
L’ascesso può essere causato da una digestione troppo lenta e da un’evacuazione insufficiente.
Alcune sostanze nutritive possono migliorare i sintomi; tra queste raccomandiamo lo zinco e la vitamina A.
Poiché gli antibiotici usati durante il trattamento possono interferire con l’assorbimento delle vitamine B, può rendersi necessaria una integrazione di vitamine del complesso B.
La febbre aumenta il fabbisogno calorico.
Si consiglia l’assunzione di vitamine A, C ed E ed un aumento dei liquidi.
Anche una dieta adeguata può essere d’aiuto.
In caso di ascesso bisognerebbe aumentare il consumo di frutta e verdura fresca ed evitare i cibi grassi, le uova e i derivati del latte, la carne, i carboidrati raffinati e i dolci.
Le erbe indicate in questo caso sono; l’echinacea, il tarassaco, la violetta, la margherita dei prati e la Coptis trifolia. In aromaterapia il rimedio è l’olio dell’albero del tè (melaleuca).
I rimedi omeopatici sono Belladonna 6 C e Hepar sulphuris 6 C.
(Testo desunto da “laleva.cc/almanacco/ascesso”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " ASFISSIA "
SCHEDA ” ASFISSIA “
Definizione di: ASFISSIA
L’asfissia è uno stato caratterizzato dalla difficoltà o dall’impossibilità di respirare.
Questa situazione provoca anossia, cioè un’interruzione dell’apporto di ossigeno agli organi e ai tessuti; pertanto, in assenza di un tempestivo intervento, l’asfissia può condurre rapidamente alla perdita di coscienza ed all’arresto cardiaco.
I sintomi associati all’asfissia si manifestano rapidamente con inspirazioni forzate e “fame d’aria” nel tentativo di sottrarsi all’impedimento della respirazione; sono presenti anche agitazione, cianosi al volto, petecchie congiuntivali e cutanee, sudorazione e convulsioni.
L’asfissia può rappresentare la conseguenza di un’insufficienza respiratoria (acuta o cronica) di qualunque natura.
Questa manifestazione può risultare, in particolare, da strangolamento, annegamento, impiccagione, ostruzione delle vie respiratorie e compressione accidentale della gabbia toracica o dell’addome.
L’asfissia si può riscontrare in presenza di tumori, edema polmonare e paralisi tossica o traumatica dei centri respiratori (emorragia cerebrale) e dei muscoli della respirazione (es. tetano, rabbia ed avvelenamento da stricnina).
L’impedimento alla meccanica respiratoria può derivare anche dall’inalazione di un corpo estraneo o dal restringimento delle vie aeree dovuto a forti crisi asmatiche o a reazioni allergiche acute (anafilassi), con spasmo ed edema della glottide.
Inoltre, l’asfissia può essere causata dalla permanenza in un ambiente con una concentrazione di ossigeno troppo bassa o da una reazione all’inalazione di gas tossici e vapori (monossido di carbonio, fumi derivanti da un incendio ecc.).
(Testo desunto da “My-personaltrainer.it”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA " MEDIALE " (asistolia)
SCHEDA ” ASISTOLIA”
Definizione di : ASISTOLIA
ASISTOLIA Assenza delle ” sistoli “, cioè delle contrazioni ritmiche del cuore che si manifesta con la scomparsa dei polsi periferici arteriosi (in particolare i polsi carotideo e radiale non sono più apprezzabili) e dei toni cardiaci cui fanno seguito rapidamente la cessazione dell’attività respiratoria e la perdita della coscienza.
Se dura pochi secondi la sintomatologia è scarsa (vertigini, annebbiamento della vista) se si protrae oltre i 10-20 secondi può portare alla perdita di coscienza, dopo pochi minuti si instaurano lesioni cerebrali irreversibili, oltre è incompatibile con la vita.
Più nota con il termine di arresto cardiaco, riconosce diverse cause cardiache (malattie del miocardio, pericardio e vasi coronarici) o extracardiache (soprattutto squilibri metabolici, elettrolitici come l’ipopotassiemia, o cause iatrogene).
L’asistolia è una emergenza medica assoluta che richiede l’immediato avvio delle tecniche di rianimazione cardiopolmonare (BLS: Basis Life Support) per sostenere la respirazione (manovre di disostruzione e ventilazione artificiale) ed il circolo (massaggio cardiaco)
(Testo desunto da “corriere.it/salute”)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA "ASMA (BRONCHIALE)"
SCHEDA “ASMA (BRONCHIALE)”
L’asma bronchialerappresenta una delle più frequenti patologie non solamente dell’adulto ma anche del bambino, interessando centinaia di milioni di individui nel mondo e provocando purtroppo, ancora ai giorni nostri, centinaia di migliaia di decessi a conferma della sua pericolosità, della frequente sottostima del problema e della conseguente inadeguatezza della prevenzione e del trattamento.
I fattori ambientali sono più importanti dei fattori razziali nell’insorgenza e nella persistenza della malattia ed il numero dei casi è ovunque in aumento sia nei bambini che negli adulti.
L’asma consiste in una ostruzione reversibile delle vie aeree (bronchi), i cui sintomi caratterizzanti sono rappresentati da tosse, spesso secca ed irritativa ma talora decisamente più catarrale (produzione di secreto bronchiale), difficoltà respiratoria riferita dal paziente come un generale disagio a respirare interessante prevalentemente la fase espiratoria, sensazione di costrizione al petto e respiro sibilante (“fischietto”) che, nelle fasi più intense della crisi asmatica, può essere percepito non solamente dal paziente ma anche da una persona che si trovi in prossimità dello stesso.
Alla base dei molteplici meccanismi che la determinano e che ne favoriscono la crisi acuta si devono considerare l’ infiammazione delle vie aeree (spesso presente anche quando il paziente non presenta crisi acute) e lo spasmo dei muscoli bronchiali (broncospasmo), con tutte le conseguenze cliniche che da questo duplice momento disfunzionale possono derivare.
Le riacutizzazioni asmatiche, talora molto gravi, possono anche mettere a rischio la vita del paziente e necessitano di essere trattate presso centri di emergenza ospedalieri.
I pazienti che rischiano situazioni di tale gravità devono essere attentamente seguiti nel tempo e devono restare sotto costante controllo specialistico.
Da ricordare come un enorme numero di pazienti asmatici sia sensibile a molteplici allergeni (sostanze presenti nell’ambiente ed alle quali i pazienti possono sensibilizzarsi), giustificando in ciò la frequenza di riscontro di pazienti affetti non solo da asma bronchiale ma altresì da malattie allergiche non solo delle vie aeree.
Spesso la malattia asmatica si aggrava nelle ore del riposo notturno o quando il paziente giunge a contatto con allergeni respiratori nei confronti dei quali risulti sensibilizzato.
Parlando delle cause e dei fattori favorenti della malattia asmatica e delle relative crisi acute, è necessario tenere conto di numerosi punti qualificanti, tra i quali:
- Fattori genetici e atopia
- Iperreattività bronchiale aspecifica
- Allergeni:
- Infezioni respiratorie
- Basso peso alla nascita
- Inquinamento atmosferico (smog)
- Fumo di sigaretta
- Additivi alimentari
- Sostanze irritanti degli ambienti di lavoro
- Reflusso gastroesofageo
- Stress
- Freddo
- Situazioni particolari: può talora capitare che il paziente asmatico vada incontro ad una crisi acuta anche solamente nel corso di una risata prolungata, durante il canto o nel corso del pianto.
L’asma non guarisce (il 30-50% dei bambini, tuttavia, va incontro in età adulta a remissione dei sintomi asmatici), ma si può tenere sotto controllo.
I programmi di trattamento comprendono l’istruzione del paziente e la valutazione periodica dell’intensità della malattia.
Il trattamento farmacologico va adeguato alla gravità dei sintomi per ottenere il massimo effetto terapeutico con la minor quantità di farmaci.
E’ fondamentale sapere che l’asma si pone e si mantiene sotto controllo sopprimendo l’infiammazione delle vie aeree e non trattando solamente il broncospasmo.
La mancanza del rispetto di tale punto, spesso causata dalla scarsa accettazione della terapia da parte del paziente per sottostima del problema o per ingiustificata paura della terapia, è alla base degli insuccessi terapeutici e della persistenza di una mortalità ancora eccessiva specie se si tiene conto della bontà dei farmaci oggi a disposizione.
(Fonte desunta da un articolo del Pneumologo Dott. Enrico Ballor – Medicina del Respiro – Torino)
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
SCHEDA "ACCERTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO"
SCHEDA “ACCERTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO”
Definizione:
L’accertamento Sanitario Obbligatorio (A.S.O.) è una procedura legale, valida in tutta Italia, che consiste nel visitare un paziente con problemi psichici critici che non accetti di sottoporsi volontariamente ad una visita medica.
Per ottenere l’A.S.O. è necessario un certificato medico, eseguito o dal medico di famiglia o dall’Ufficio di Igiene Mentale; inoltre per attivare l’A.S.O., sia nei casi urgenti (entro 2 giorni) sia in quelli non urgenti (al massimo 7 giorni) è necessaria una ordinanza del Sindaco, che viene emessa solamente dopo la consegna del certificato medico.
L’esito dell’A.S.O. può essere:
negativo, nel caso il paziente non mostri una necessità di trattamento;
positivo, e quindi sfocerà nel trattamento sanitario volontario, nel caso il paziente accetti le cure;
interlocutorio, se il medico prevede di rivisitare entro 72 ore il paziente prima di assumere una nuova decisione;
media criticità, che prevede il Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.).
altamente critico, che evidenzia una situazione di urgenza e prevede il trasporto del paziente presso il più vicino Dipartimento di Emergenza psichiatrico per un Trattamento Sanitario.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ACCERTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO"
SCHEDA “ASTENIA”
Definizione:
L’astenia (dal greco ἀσθένεια asthèneia, “mancanza di forza”) è un sintomo che consiste nella riduzione di energia dell’individuo colpito.
Si manifesta in numerose condizioni morbose, sia fisiche (quali anemie, epatiti virali, disturbi metabolici ecc…) che psicologiche (ad es. depressione).
Caratteristiche
A differenza della fisiologica stanchezza, che compare in seguito a un certo carico di lavoro, l’astenia è presente anche in condizioni di riposo, pur potendo essere aggravata dallo sforzo.
Tradizionalmente si distinguono due tipi di astenia:
quella muscolare o miastenia
e quella nervosa o nevrastenia.
La prima riconosce più frequentemente cause organiche (ad esempio diabete mellito, anemia grave, ipotiroidismo o ipertiroidismo, iperaldosteronismo, malattia di Addison, malattia di Lyme, paralisi periodica familiare, ipovitaminosi, malnutrizione, sindromi da malassorbimento) o emodinamiche (ipotensione arteriosa, anche indotta da farmaci).
Al contrario l’astenia nervosa, caratterizzata da sensazione generale di debolezza associata spesso ad ansia o depressione, può essere più facilmente costituzionale o legata a carenza di potassio e magnesio; può anche far parte di malattie della psiche come il disturbo bipolare dell’umore o del sistema nervoso centrale come la paralisi progressiva.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ATRIO"
SCHEDA “A T R I O “
In anatomia, gli atri sono le due cavità superiori del cuore umano e sono posti al di sopra dei due ventricoli; sono separati dal setto interatriale.
Differiscono dai ventricoli per diversi motivi:
hanno un capacità inferiore; le pareti sono più sottili, infatti non hanno trabecole carnee di primo ordine; hanno un maggior numero di orifizi che si aprono nelle loro cavità.
Gli orifizi sono: gli atrioventricolari che li fanno comunicare con i ventricoli sottostanti e i venosi che corrispondono allo sbocco di un certo numero di vene (vene polmonari a sinistra e vena cava superiore – vena cava inferiore a destra).
Hanno una forma molto irregolare, anche se schematicamente li possiamo paragonare a un cubo.
Ogni atrio presenta lateralmente una sorta di diverticolo chiamato auricola.
Atrio destro
L’atrio destro è collocato in posizione anteriore, inferiore e a destra rispetto all’atrio sinistro.
Occupa la parte superiore della faccia sternocostale del cuore, comprende il margine destro (acuto) e la porzione destra della base del cuore, cioè quella delimitata inferiormente dal solco atrioventricolare e dai suoi vasi che costituisce il suo margine inferiore anche sulla faccia sternocostale, dividendolo dal ventricolo destro. Il lieve solco che divide le due vene cave dall’auricola destra è il solco terminale.
La muscolatura di entrambi gli atri è formata da fibrocellule muscolari scolpite nella parete a fasci paralleli, per questo vengono detti muscoli pettinati.
Esternamente è presente il solco terminale a cui internamente corrisponde la cresta terminale. Tra atrio destro e atrio sinistro è collocato il setto interatriale, sul quale si trova la fossa ovale, che nella vita fetale permetteva la comunicazione tra i due atri, attraverso il foro di Botallo.
L’atrio destro raccoglie lo sbocco delle due vene cave e del seno coronario.
La vena cava superiore sbocca, priva di valvole, nella parte posteriore della parete superiore dell’atrio (detta volta dell’atrio).
La vena cava inferiore sbocca nella parete inferiore, con una valvola detta valvola di Eustachio. Lo sbocco del seno coronarico è a sua volta dotato di una valvola, detta valvola di Tebesio che chiude l’orifizio quando l’atrio si contrae così il sangue non ritorna all’interno del seno; attraverso di essa giunge all’atrio il sangue venoso refluo dalla circolazione coronarica.
La parte superiore della valvola di Tebesio si unisce alla valvola di Eustachio dando origine al tendine di Todaro.
La porzione posteriore dell’atrio destro risulta formata dal seno delle vene cave, e tra il seno delle vene cave e la porzione anteriore del atrio destro, esternamente, vi è una masserella di tessuto miocardico specifico o di conduzione il nodo senoatriale (NSA).
Nelle pareti dell’atrio destro si osservano numerosi minuscoli orifizi che rappresentano lo sbocco delle vene minime del cuore (“foraminula di Tebesio”) e, talvolta, delle vene cardiache anteriori.
La superficie interna dell’atrio destro mostra numerosi piccoli rilievi che costituiscono i muscoli pettinati, che si infittiscono e si inspessiscono in corrispondenza delle auricole: l’auricola destra e l’auricola sinistra.
La parete settale dell’atrio destro presenta una depressione chiamata fossa ovale. In basso e in avanti la parete inferiore dell’atrio è occupata dall’ampio orifizio dell’ostio venoso atrio-ventricolare destro, dotato di una valvola detta valvola tricuspide.
Atrio sinistro
L’atrio sinistro riceve, sulla parete posteriore, lo sbocco delle quattro vene polmonari, che portano il sangue ossigenato nei polmoni, due a destra e due a sinistra, delimitando il vestibolo dell’atrio sinistro.
La parete mediale è comune con quella dell’atrio destro ed è leggermente depressa nell’area che corrisponde alla fossa ovale dell’atrio di destra.
Sulla parete dell’atrio si trovano gli orifizi di sbocco di alcune vene cardiache minime.
Le pareti dell’atrio di sinistra non presentano i rilievi dei muscoli pettinati.
In basso e in avanti vi è la parete inferiore dell’atrio, con l’ampio ostio atrio-ventricolare sinistro e la valvola bicuspide.
Come dice il nome è composta da due lembi valvolari.
La parete laterale presenta l’auricola sinistra, molto ricca di tessuto muscolare
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore
SCHEDA "ATTACCO CARDIACO"
SCHEDA “ATTACCO CARDIACO”
Cos’è l’attacco cardiaco?
L’attacco cardiaco è un processo di necrosi (morte dei tessuti) di una determinata zona del cuore, conseguente alla formazione di un coagulo di sangue (trombo) all’interno di un’arteria coronaria affetta da arteriosclerosi, ossia con pareti ruvide e irregolari.
Il coagulo blocca l’arteria (trombosi) e il sangue non può più passare.
Siccome le arterie coronarie portano al cuore (principalmente alla parte muscolare, cioè al miocardio) il nutrimento necessario al suo lavoro, ne deriva che la zona di quest’organo, rimasta priva di sangue per l’occlusione dell’arteria, perda la sua vitalità e degenera, trasformandosi in una cicatrice che renderà il cuore meno valido.
Circa 160 mila persone in Italia sono colpite ogni anno da attacco cardiaco, ne sono colpiti più gli uomini che le donne, raramente al di sotto dei 40 anni, in genere tra i 50 e i 60; dopo la menopausa anche le donne sono soggette con una certa frequenza alla malattia.
L’attacco cardiaco è noto in ambito medico con il termine infarto miocardico acuto.
Come comportarsi in caso di attacco cardiaco
L’attacco cardiaco è una delle più comuni e letali patologie riguardanti il cuore, se si sospetta che qualcuno stia avendo un attacco cardiaco ecco come ci si deve comportare.
Sintomi dell’attacco cardiaco
sudorazione profusa
Forte boccheggio (fame d’aria)
svenimento improvviso o vertigini
dolore al petto persistente
Trattamento dell’attacco cardiaco
Far sedere la persona
Chiamare immediatamente il 118 anche se non non si è sicuri dei sintomi
Se la persona è cosciente, attendendo l’ambulanza, dargli da ingerire dell’aspirina (solo dopo l’autorizzazione telefonica data dal personale del 118)
Il maggiore rischio per il cuore è che smetta di battere, stare quindi pronti per la rianimazione se necessaria.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA "AUTOPSIA"
SCHEDA “AUTOPSIA”
Definizione di “Autopsia”
L’autopsia (chiamato anche esame post mortem), è un esame medico dettagliato e attento del corpo e dei relativi organi della persona dopo la morte per stabilirne le cause, le modalità ed eventualmente i mezzi che l’hanno causata.
Il termine deriva dal greco αὐτοψία (composto di αὐτός, «stesso», e ὄψις, «vista») e significa «che vede con i propri occhi».
Nelle autopsie a scopo giudiziario è anche richiesto di stabilire l’epoca della morte, desumibile dai cosiddetti fenomeni cadaverici.
Storia
Le autopsie sono una fonte di informazioni mediche importanti che possono migliorare la salute.
Ci sono molte malattie che sono state scoperte o le cui cure sono state aiutate notevolmente tramite gli esami autoptici.
Le prime autopsie furono eseguite circa 2500 anni fa nell’antica Grecia, erano comunque casi piuttosto sporadici in quanto la religione antica non consentiva di “aprire” il corpo.
La prima dissezione che fu eseguita nell’antica Grecia di cui abbiamo notizia fu quella di Alcmeone di Crotone (V secolo a.C.) che scoprì il nervo ottico anche se non riuscì a capire come funzionava.
Di grande interesse è la notizia, riportata da Svetonio, dell’esame autoptico eseguito dal medico Antistio sulla salma di Giulio Cesare dopo la sua uccisione da parte dei congiurati alle idi di marzo del 44 a.C.
Per tutto il resto dell’età romana e medioevale non si ha notizia di alcuna dissezione anatomica, fino al 1500 con Andrea Vesalio che, studiando medicina all’Università di Parigi, durante la lezione di anatomia chiese al professore se poteva essere lui a dissecare il cadavere.
Per dieci anni fece autopsie e osservò, fino al 1543 quando pubblicò il suo libro de Humani corporis fabrica in cui mette in discussione buona parte dell’anatomia fino a quel momento accettata (cioè quella di Ippocrate e di Galeno).
Giovan Battista Morgagni (1682-1771), professore di anatomia all’Università di Padova, pubblica il suo libro “De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis”, in cui raccoglie tutte le dissezioni fatte in tutta la sua carriera.
Morgagni conosce i suoi cadaveri, sono i ricoverati nell’ospedale di Padova che disseca per vedere se a sintomi e malattie corrispondono segni anatomici sul corpo.
Nasce con Morgagni l’anatomia patologica.
L’analisi viene effettuata nei reparti di anatomia patologica o di medicina legale da un medico coadiuvato dal tecnico forense.
A tal proposito non va confusa la figura del medico settore (Anatomopatologo o medicina legale) con quella del coroner, una figura non esistente in Italia ma operante nei Paesi anglosassoni, che solitamente si occupa solamente del sopralluogo giudiziario e solo in alcuni casi e in alcuni stati si occupa di espletare l’autopsia.
L’autopsia non può essere effettuata prima che siano trascorse 24 ore dalla morte, così come recita l’articolo otto del regolamento di polizia mortuaria, salvo i casi previsti dal medesimo articolo (decapitazione o maciullamento) e dai successivi, ovvero nei casi in cui vi sia urgenza di avere una diagnosi: in tali casi è possibile sottoporre la salma a un esame elettrocardiografico sotto osservazione di un operatore designato dalla Direzione Sanitaria, protratto per almeno 20 minuti consecutivi.
Se l’esame si rivela esente da risposte di tipo elettrico, si può allora procedere all’attività settoria prima che siano trascorse 24 ore dalla morte.
In Italia l’autopsia può essere richiesta dal medico curante che non abbia chiara la causa della morte, dalla Direzione sanitaria (ove la morte sia avvenuta in regime ospedaliero, casa di cura, struttura sanitaria), dal Procuratore della Repubblica o dal Giudice secondo le disposizioni del Codice di procedura penale o dai familiari che si rivolgono a una di queste strutture.
Scopi delle autopsie
Uno scopo dell’autopsia è determinare la storia clinica e conseguentemente la causa della morte come ultimo nella concatenazione di eventi patologici.
L’esame del cadavere può rivelare molte cose: l’ora della morte, le modalità. Inoltre tatuaggi e denti possono consentire di scoprire l’identità di uno sconosciuto.
Anche se il motivo principale per effettuare un’autopsia è determinare la causa della morte, questa ha altri benefici:
– fornire informazioni ai membri della famiglia su potenziali malattie genetiche che possono avere implicazioni su di loro
– Confermare la diagnosi del Medico di reparto o dare delucidazioni sulla causa della morte del paziente
– per istruzione, formazione medica e ricerca
– fornire informazioni su come prevenire le cause della malattia
– per motivi giudiziari.
In più, ci sono i benefici legali di indagine su omicidi, su sospetti omicidi, su morti inspiegate o sospette e sulle morti apparenti o quelle fetali (docimasia).
Gli studi indicano, infatti, che anche quando la causa della morte è sembrata chiara, la persona in effetti ha avuto circostanze mediche che non erano visibili in vita.
Procedimento
L’autopsia si compone di un esame esterno e di un esame interno.
Con l’esame esterno si osservano gli indumenti, la presenza di lacerazioni dei tessuti o di imbrattamenti e si rileva ogni altro dato relativo a essi.
Una volta spogliato il cadavere gli indumenti vengono osservati e studiati singolarmente.
È importante documentare fotograficamente tutti questi passaggi.
Si passa poi all’esame esterno della salma, che giace nuda sul tavolo settorio, che prevede la raccolta di dati inerenti alle caratteristiche somatiche generali, agli imbrattamenti sul corpo del cadavere, all’annotazione su un apposito modulo di ogni tipo di ferita o abrasione più o meno grave, a tutti gli elementi utili all’identificazione (i connotati cioè le caratteristiche somatiche normali e comuni alla specie umana come i capelli, i peli, le unghie, gli occhi; contrassegni e caratteristiche anomale, di ordine patologico come cicatrici o amputazioni, o di altra natura, come i tatuaggi), e infine si rilevano i fenomeni cadaverici.
In taluni casi è opportuno far precedere la dissezione da radiografie del corpo o di parti dello stesso, per esempio per localizzare schegge o proiettili ritenuti ovvero rilevare lesioni ossee.
Normalmente eseguita a freddo, l’autopsia, nel caso di trapianto, è effettuata in contemporanea al prelievo degli organi del donatore.
Il patologo registra i risultati dell’esame esterno ed elenca tutte le caratteristiche fisiche.
Il corpo deve essere misurato e pesato e disposto su un tavolo da analisi.
Un tavolo da analisi è di acciaio inossidabile all’altezza della vita per facilitare il lavaggio dei liquidi liberati durante la procedura.
Il tavolo da analisi è un vassoio che viene fatto pendere con i bordi sollevati.
Il primo taglio è fatto con una forma di Y.
Le braccia della Y si estendono dalla parte anteriore di ogni spalla fino l’estremità inferiore dello sterno.
La coda della Y si estende dallo sterno fino l’osso pubico e tipicamente devia per evitare l’ombelico o eventuali fori di proiettile.
L’incisione è molto profonda.
Il lembo superiore della Y, che comprende la pelle sotto al mento e la pelle della parte superiore del torace, viene rialzata e tirata sopra la faccia.
I due lembi laterali della Y, costituiti dalla pelle del torace, vengono “scollati” attraverso l’utilizzo di un bisturi e un divaricatore (strumento che serve a tendere la pelle durante l’operazione).
Viene esposta in questo modo la gabbia toracica.
Utilizzando il costotomo o frangicoste, vengono recise le cartilagini che collegano le coste allo sterno, e, dopo aver reciso l’articolazione che lega la clavicola allo sterno per mezzo del disarticolatore, viene tolta la piastra sternale ed esposti gli organi sottostanti.
Il modo più comune di rimuovere gli organi è conosciuto come il metodo di Rokitansky.
Gli organi sono rimossi tagliando i loro collegamenti al corpo uno per uno.
Il cervello è rimosso applicando un’incisione trasversale del cuoio capelluto dalla parte posteriore di un orecchio all’altro, e aprendo la calotta cranica per mezzo della sega vibrante per tessuti ossei.
Viene poi tagliato il collegamento alla base con il midollo spinale.
Il cervello è allora disposto in sospensione in una soluzione di 20% di formalina per un’analisi futura. Tutti gli organi rimossi sono pesati individualmente e studiati.
La maggior parte degli organi sono tagliati in sezioni con un bisturi o con l’encefalotomo.
Gli intestini sono aperti longitudinalmente e svuotati in un contenitore per rimuovere gli alimenti non digeriti e le feci rimanenti.
Lo stomaco è aperto e tagliato sulla relativa curvatura più grande e ne viene esaminato il contenuto.
Sono prelevati campioni microscopici della maggior parte degli organi per un’ulteriore analisi.
Per concludere, tutti i vasi sanguigni importanti vengono aperti ed esaminati longitudinalmente.
Gli organi vengono ridisposti nel corpo e questo a volte può essere riempito da un materiale riempitore.
Una volta che l’incisione di Y è ricucita, l’autopsia (senza l’analisi dei tessuti e del cervello) è completa.
Dopo segue l’esame istologico dei pezzi più interessanti e l’eventuale esame tossicologico.
(Dati ed immagini desunte interamente da “Wikipedia”).
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA "A.V.P.U."
SCHEDA “A.V.P.U.”
L’A.V.P.U. è una scala di valutazione dello stato neurologico e di coscienza che viene utilizzata dal personale volontario operante nel sistema di emergenza/urgenza extraospedaliero ed è un’alternativa semplificata alla valutazione medica Glasgow Coma Scale (GCS).
L’AVPU viene eseguita generalmente al punto D (Disability) della valutazione primaria del soccorso vitale al traumatizzato (SVT), anche se può essere utilizzata anche in altre situazioni al di fuori del trauma, e si valuta dalla risposta del paziente a stimoli esterni indotti dal soccorritore.
AVPU è un acronimo le cui lettere stanno a significare Alert, Verbal, Pain, Unresponsive.
Alert (vigile):
in questa fase il paziente è sveglio e cosciente.
Questo stato viene valutato positivamente se il paziente riesce a rispondere in maniera chiara a semplici domande quali “Cosa è successo?” o “Come si chiama?“.
Verbal (verbale):
in questa fase il paziente risponde agli stimoli verbali attraverso gli occhi, la voce (o bisbigli) o atti motori, ma risulta confuso o assopito.
Pain (dolore):
in questa fase il paziente non risponde agli stimoli verbali ma soltanto agli stimoli dolorosi che in genere vengono indotti con piccoli colpi delle dita sopra l’arcata sopraccigliare, al centro della fronte. Unresponsive (senza risposta):
in questa fase il paziente non risponde né agli stimoli verbali né a quelli dolorosi e risulta quindi completamente incosciente.
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.
SCHEDA "AVULSIONE"
SCHEDA “AVULSIONE”
Distacco violento; asportazione; in particolare:
In medicina, asportazione di una struttura anatomica, o di una sua parte, per strappamento: avulsione dentaria, si effettua quando il dente è gravemente compromesso dalla carie o è eccessivamente mobile per periodonziopatia in caso di lesioni periodontali (granulomi, cisti, suppurazioni, ecc.).
Le schede contengono informazioni riguardanti la salute, la forma fisica, l’ambito medico e vari tipi di trattamenti medici riservati esclusivamente all’uso sull’uomo.
Queste informazioni rappresentano soltanto un suggerimento e non intendono sostituire il consiglio del medico o del farmacista.
Le informazioni contenute nelle schede non devono essere usate per diagnosticare alcuna patologia o disturbo fisico ne’ per prescrivere o utilizzare eventuali farmaci.
E’ opportuno consultare preventivamente sempre un medico o un farmacista.
Le informazioni sono desunte da varie fonti presenti su internet per facilitare il visitatore.